Cina: per la banca centrale bitcoin è un investimento

Cina: banca centrale bitcoin

Il vice governatore della banca centrale della Cina, Li Bo, ha affermato senza mezzi termini che ritiene bitcoin un investimento alternativo. 

La fonte originale riferisce che il vice governatore della People’s Bank of China (PBOC) ha lanciato un segnale importante sugli asset crypto come bitcoin, dicendo che dovrebbero essere utilizzate come strumenti di investimento o investimenti alternativi. 

Ieri Li Bo è intervenuto al Forum Boao per l’Asia, insieme all’ex governatore Zhou Xiaochuan, dicendo che gli asset crypto potrebbero svolgere un ruolo importante in futuro, proprio come investimento alternativo. 

La fonte riferisce anche che: 

“Molti paesi, compresa la Cina, lo stanno studiando anche come strumento di investimento”.

Li Bo ha detto di ritenere bitcoin un asset crypto, ovvero un’opzione di investimento e non una valuta. Inoltre lo ha definito esplicitamente “un investimento alternativo”. 

A questo punto ha aggiunto che in qualità di strumento di investimento, molti paesi tra cui la stessa Cina stanno studiando un contesto normativo adatto ad inquadrare un tale investimento. 

Essendo Li Bo il vice governatore in carica della banca centrale cinese, queste sue parole stridono fortemente rispetto all’atteggiamento sempre contrario del governo a consentire ai cittadini di investire in bitcoin. 

La Banca Centrale della Cina rimuoverà il ban a Bitcoin?

A questo punto non ci sarebbe da stupirsi qualora il governo cinese rimuovesse l’ormai anacronistico ban sugli investimenti in bitcoin, ed invece finisse per consentirli, pur all’interno di un nuovo quadro normativo. 

D’altronde i rivali statunitensi stanno guadagnando molto grazie agli investimenti in BTC, pertanto è davvero strano che la Cina continui a voler vietare ai propri cittadini, ma soprattutto alle proprie imprese, di sfruttare questa opportunità. 

Il ban sugli investimenti in bitcoin è attivo dal 2017, ovvero da prima che si innescasse l’ultima grande bolla speculativa, quando il prezzo di BTC era dodici volte inferiore a quello attuale. Tale ban ad oggi appare quanto meno inoppotuno, se non ormai completamente anacronistico. 

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