IA: le infrastrutture attraggono anche gli investitori obbligazionari

La costruzione delle infrastrutture necessarie all’intelligenza artificiale (IA) sta generando un impatto storico sui mercati dei capitali, con dinamiche paragonabili alle grandi rivoluzioni delle ferrovie del XIX secolo e a Internet negli anni Duemila. La portata degli investimenti richiesti, stimata in un massimo di 5,8 trilioni di dollari entro il 2030, sta rimodellando le strategie di finanziamento dei colossi tecnologici e offrendo nuove opportunitàma anche nuovi rischiagli investitori obbligazionari.

A descrivere la portata del fenomeno è Todd Czachor, Global Head of Fixed Income Research di Columbia Threadneedle Investments, secondo cui “il boom delle infrastrutture per l’AI non è più solo un’evoluzione tecnologica, ma segna un evento storico per i mercati dei capitali, con investimenti stimati fino a 5,8 trilioni di dollari entro il 2030”.

Czachor evidenzia come la crescente domanda di capitale stia spingendo i protagonisti del settore tech a diversificare gli strumenti di raccolta: “La crescente domanda di capitale spinge i giganti del tech a diversificare le fonti di finanziamento, ricorrendo a cartolarizzazioni, joint venture e prestiti garantiti da asset”.

Ma avverte anche che “queste nuove strutture di credito offrono opportunità ma richiedono analisi più rigorose su qualità del credito, solidità degli asset e sostenibilità dei rifinanziamenti“.

Una spesa infrastrutturale senza precedenti

La proliferazione delle applicazioni AI sta spingendo i leader del cloud – Microsoft, Google, Amazon, Meta, Oracle – ad avviare uno dei cicli di capex più intensi della storia recente. Si stima che il loro investimento annuo combinato supererà i 530 miliardi di dollari entro fine decennio.

Il fabbisogno cumulativo tra il 2025 e il 2030 potrebbe raggiungere 5,8 trilioni di dollari, un volume tale da generare uno shock pluriennale nella domanda di capitale, con effetti strutturali sull’intero mercato del credito.

Questa corsa agli investimenti ha due conseguenze principali secondo Czachor

  • un aumento della concentrazione del rischio nel settore tecnologico all’interno degli indici obbligazionari;
  • la necessità, per le big tech, di affiancare al debito tradizionale forme di finanziamento alternative.

Cartolarizzazioni e prestiti garantiti: il nuovo volto del debito tech

La parte più innovativa della fase attuale riguarda l’emergere di nuove strutture di finanziamento. Sempre più data center vengono cartolarizzati in strumenti come CMBS e ABS, un mercato che nel 2025 ha raggiunto 17,4 miliardi di dollari, con un aumento del 50% rispetto al 2024.

Questi titoli offrono rendimenti più elevati rispetto alle obbligazioni investment grade, ma presentano minore trasparenza e dipendono fortemente dalla capacità di rifinanziamento degli asset.

Parallelamente, stanno crescendo le joint venture, le strutture fuori bilancio e i prestiti garantiti da data center come collaterale. Tuttavia, la volatilità delle valutazioni e il rischio di obsolescenza tecnologica – accelerato dall’evoluzione verso sistemi di raffreddamento sempre più complessi – impongono un’analisi attenta.

La lezione storica è evidente: come nelle precedenti rivoluzioni tecnologiche, l’euforia degli investimenti porta sempre con sé rischi di qualità del credito e potenziali casi di insolvenza.

I principali rischi: valutazioni, obsolescenza e muro delle scadenze

Tra i rischi più rilevanti emergono secondo Czachor:

  • Dipendenza dai mercati dei capitali: molti progetti si basano su continui rifinanziamenti e sul sostegno del capitale azionario.
  • Disallineamento tra durata delle attività e delle passività: contratti di fornitura di capacità di calcolo di 3–4 anni contro impegni di locazione ventennali.
  • Valutazioni dei data center in forte crescita, talvolta vicine al limite dei rapporti prestito-costo.
  • Rischio di concentrazione dei locatari, spesso limitato a pochi grandi provider di AI o cloud.
  • Sfida del rifinanziamento: un ampio volume di ABS per data center è vicino alla scadenza, con il rischio che un calo delle valutazioni comprometta la sostenibilità degli stessi.

Inoltre, il modello economico delle infrastrutture AI su larga scala deve ancora dimostrare pienamente la sua sostenibilità: i rendimenti degli investimenti potrebbero richiedere tempi più lunghi per materializzarsi.

In sintesi

La rivoluzione delle infrastrutture AI sta ridisegnando i mercati obbligazionari globali. Opportunità e rischi convivono in un contesto dominato da un’enorme domanda di capitale, da nuovi strumenti di debito e da valutazioni che si muovono a un ritmo pari all’innovazione tecnologica che sostengono.

Come sottolinea Todd Czachor, l’era dell’AI richiede agli investitori un approccio più sofisticato, basato su ricerca approfondita, attenzione alla qualità degli asset e valutazione accurata dei meccanismi di rifinanziamento. Chi saprà adattarsi a questa nuova realtà avrà maggiori possibilità di intercettare valore in una delle trasformazioni più significative dei mercati finanziari contemporanei.