Asset allocation: criptovalute sospese fra record e crolli storici

Le settimane appena trascorse hanno regalato al mercato delle criptovalute un vero e proprio film dagli alti e bassi estremi. Un’euforia iniziale, che ha portato Bitcoin a sfiorare i 126.270 dollari e la capitalizzazione di settore a toccare i 4,4 trilioni di dollari, si è bruscamente spenta, lasciando il posto a una fase di fortissime tensioni e correzioni. Al centro della bufera, le politiche commerciali statunitensi e una fragilità infrastrutturale che ha messo in luce i rischi del settore.

La tempesta perfetta: politica e guasti tecnologici

Il rally è stato stroncato dalle dichiarazioni dell’ex presidente Trump sull’introduzione di dazi del 100% sulle importazioni di software critici dalla Cina. Questo annuncio ha agito come un detonatore, scatenando un’ondata di vendite senza precedenti.

“Le dichiarazioni del presidente Trump circa l’introduzione di tariffe del 100% sulle importazioni di software critici dalla Cina hanno infatti innescato la più grande ondata di liquidazioni nella storia degli asset digitali, cancellando circa 20 miliardi di dollari in posizioni a leva”, spiega Roberto Rossignoli, senior portfolio manager di Moneyfarm.

Il crollo è stato aggravato da una serie di guasti tecnici, come il blocco del motore di trading su Binance, che hanno di fatto azzerato i guadagni dell’anno in corso. I settori più speculativi hanno pagato il prezzo più alto: il DeFi è crollato del 21,84% e le meme coin del 18,24%.

Il paradosso macro e il dominio della politica

In questo scenario, i tradizionali driver macroeconomici sono passati in secondo piano. Lo shutdown del governo Usa, che in teoria avrebbe dovuto favorire Bitcoin come bene rifugio, è stato completamente oscurato dalle mosse politiche.

“La correlazione delle crypto con i principali fattori macroeconomici resta debole”, afferma Rossignoli. “Il legame di Bitcoin con asset tradizionali come l’oro o con la politica monetaria statunitense non risulta significativo; a richiamare l’attenzione degli investitori e dei trader sono soprattutto le oscillazioni causate dai cambi di direzione dell’esecutivo americano”.

Il doppio volto dell’investitore: tra accumulo e distribuzione

Analizzando i dati “on-chain” (quelli registrati direttamente sulla blockchain), emerge un quadro contrastante. Da un lato, persiste una narrativa di lungo periodo favorevole.

“Resta valida, invece, la narrativa del ‘supply squeeze’, cioè la riduzione della quantità di Bitcoin disponibili sul mercato nel lungo periodo”, commenta Rossignoli. “Le riserve totali di Bitcoin sugli exchange centralizzati sono infatti scese ai minimi pluriennali, pari a 2,4 milioni di unità, segnale del fatto che molti investitori stanno accumulando valuta invece di vendere”.

Dall’altro lato, però, gli investitori più consolidati sembrano approfittare dei rialzi. I dati mostrano una “distribuzione costante dei detentori di lungo periodo (LTH)”, che da luglio “vendono sulla debolezza”, riducendo le proprie riserve di circa 300.000 Bitcoin. Questo flusso, unito all’ingresso negli ETP, suggerisce una transizione degli asset verso custodi e market maker, sintomo di un mercato in via di maturazione e istituzionalizzazione.

La svolta normativa: stati uniti in prima fila

Sul fronte regolatorio, gli Stati Uniti hanno impresso una decisa accelerata pro-industria. La nomina di Michael Selig alla CFTC, il “Project Crypto” della SEC e l’avvio dei lavori per una legge quadro al Senato disegnano un nuovo panorama.

“Da sottolineare anche l’autorizzazione da parte del Tesoro Usa e dell’IRS per il blocco temporaneo (cd staking) degli asset sottostanti da parte degli ETP crypto e il successivo trasferimento di tali ricompense agli investitori”, conclude Rossignoli, “con l’obiettivo di contribuire alla sicurezza della rete e di eliminare uno svantaggio competitivo rispetto all’Europa, dove questa pratica è già consentita”.

Una mossa cruciale per allineare la competitività di Wall Street con quella dei mercati europei e favorire l’integrazione tra crypto e finanza tradizionale.