La risposta fiscale senza precedenti alla pandemia di Covid-19, abbinata all’azione concertata delle banche centrali di tutto il mondo, ha permesso al settore bancario di mantenere intatto l’indispensabile flusso di credito per l’economia. “Al momento attuale, il costo del rischio è in calo, ma le prospettive per le banche globali sono eterogenee“. Parola di Paul Smillie, analista del credito senior, Rosalie Pinkney, analista del credito senior e Dori Aleksandrowicz, analista del credito senior, di Columbia Threadneedle Investments, che di seguito dettagliano la loro view.
La crisi finanziaria globale (CFG) potrebbe essere considerata una sorta di prova generale della pandemia di Covid-19. Le cause sono state completamente diverse, ma le somiglianze tra le due crisi sono innegabili: la prima è stata una crisi finanziaria con ripercussioni sull’economia reale, la seconda una crisi dell’economia reale con ripercussioni sui mercati finanziari.
Del resto, alcune delle politiche adottate con successo durante la crisi finanziaria (in particolare, i massicci programmi di quantative easing) sono state prontamente rimesse in campo dalle banche centrali di tutto il mondo quando i lockdown indotti dalla pandemia hanno fatto vacillare le economie.
Questa seconda volta, sono stati appresi insegnamenti preziosi. In particolare, durante la pandemia di Covid-19 la risposta fiscale è stata rapida e senza precedenti. I governi hanno introdotto massicci programmi per il mantenimento dei posti di lavoro nonché agevolazioni fiscali per le piccole e medie imprese (PMI). Le garanzie sui prestiti attraverso iniziative quali il Paycheck Protection Program negli Stati Uniti hanno assicurato il mantenimento del flusso del credito verso il settore societario in un momento in cui molte aziende ne avevano estremo bisogno.
Credito per l’economia
Le misure di stimolo fiscale hanno avuto l’effetto secondario auspicato: rafforzare i bilanci delle banche. Nel suo rapporto sulla stabilità finanziaria, la Banca centrale europea stima che tali misure proteggeranno i coefficienti patrimoniali delle banche nelle principali economie europee nella misura di circa 300 punti base entro la fine dell’anno, contribuendo ad un significativo miglioramento delle loro riserve di capitale e dando loro la fiducia di erogare prestiti.
In effetti, diversamente dalla crisi finanziaria globale, durante la pandemia le aziende hanno beneficiato di un buon accesso alla liquidità in quanto le banche hanno iniettato credito nell’economia generale: nel 2020 la crescita dei prestiti societari è aumentata di ben il 6% in Europa e del 10% negli Stati Uniti. Inoltre, in paesi come l’Italia e la Spagna, più esposti al rischio di prestiti in sofferenza, molti di questi aiuti finanziari sono confluiti verso le PMI. Ciò dovrebbe ridurre il numero di crediti deteriorati, il che dovrebbe a sua volta fornire un ulteriore sostegno alla stabilità finanziaria di molti istituti di credito europei.
Non dovremmo nemmeno dimenticare che, grazie ai nuovi record di emissioni raggiunti dai mercati obbligazionari globali nel 2020, i mercati dei capitali hanno svolto un ruolo altrettanto cruciale nel garantire credito al settore societario. L’aumento dei finanziamenti non ha solo fornito liquidità vitale alle aziende in tempi estremamente difficili, ma ha anche assicurato un vigoroso flusso di utili anticiclici alle banche con attività di investment banking.
I rischi, tuttavia, non mancano. La maggiore disponibilità di credito e il calo degli utili societari hanno provocato un netto aumento del debito societario rispetto al PIL nel 2020, sia negli Stati Uniti che in Europa. Ci aspettiamo però un calo di questi livelli nel 2021 a fronte della ripresa della crescita economica.
Deviando le perdite dai bilanci bancari verso quelli sovrani, i governi sono di fatto riusciti a scongiurare una crisi finanziaria. La conseguenza è stata un marcato incremento del debito pubblico. Dal momento che alcuni dei maggiori detentori di obbligazioni governative sono banche, il rialzo dei rendimenti obbligazionari sovrani indebolisce i bilanci degli istituti di credito. I rischi di questo circolo vizioso del debito sovrano sono in parte diminuiti grazie agli sforzi delle banche centrali tesi a mantenere bassi i costi di finanziamento tramite ampi programmi di acquisti di titoli sovrani; tuttavia, con un rapporto debito/PIL che quest’anno potrebbe arrivare fino al 160% in Italia e al 120% in Spagna, i campanelli d’allarme per il settore finanziario non mancano.
Probabile normalizzazione del costo del rischio
Se finora abbiamo assistito a pochi fallimenti societari, per tutto il 2020 il settore bancario globale ha effettuato accantonamenti in via preventiva contro potenziali default. Questo “costo del rischio” è ora in netto calo, un risultato notevole considerati i gravi danni inferti dai lockdown alle economie nazionali. Inoltre, ci aspettiamo che dopo la pandemia queste cruciali cifre sul costo del rischio si normalizzino ad un ritmo molto più rapido rispetto a quando osservato all’indomani della crisi finanziaria globale.
Guardando i dati complessivi relativi a oltre 50 grandi banche che copriamo a livello globale, si nota che il costo del rischio ha raggiunto un massimo di circa 150 punti base durante la CFG. Ci sono quindi voluti altri cinque anni per tornare ai livelli normalizzati di circa 45 punti base. Questa volta, durante la pandemia, il costo del rischio ha raggiunto un picco di 90 punti base e ci aspettiamo che ridiscenda verso 45 punti base nell’arco di appena due anni. In breve, visti gli ampi stimoli delle banche centrali e il sostegno fiscale senza precedenti, le preoccupazioni sulla solvibilità degli istituti di credito nutrite da molti investitori a metà del 2020 sono quasi del tutto scomparse. Nel 2021 e 2022 ci aspettiamo che i coefficienti patrimoniali bancari si manterranno solidi.
Le prospettive globali
Con il costo del rischio in calo e i bilanci delle banche centrali in crescita, il settore bancario globale dispone di liquidità e capitale in eccesso, un’ottima notizia per gli investitori; tra l’altro, gli spread sui titoli bancari sono tornati ai livelli pre-crisi. Le speranze di reflazione e di distribuzione di parte di quel capitale agli azionisti tramite dividendi generosi nei prossimi trimestri hanno contribuito alla ripresa dei prezzi.
Tuttavia, i tagli dei tassi d’interesse e l’afflusso di depositi continuano a pesare sui margini. Gli investimenti tecnologici finalizzati a migliorare le efficienze stanno aiutando. Inoltre, le banche italiane e spagnole hanno già intrapreso un ambizioso processo di consolidamento per eliminare i costi. Ci aspettiamo una prosecuzione di questa dinamica sia in Europa che, a livello di banche di piccole e medie dimensioni, negli Stati Uniti. Nel complesso, le pressioni sulla redditività sono più acute in Europa, dove continuiamo a prevedere rendimenti complessivi nettamente inferiori al costo del capitale. Negli Stati Uniti, le prospettive sulla redditività sono decisamente più rosee. Ciò si riflette sulle nostre classifiche fondamentali dei titoli investment grade globali, che vedono le banche statunitensi ai primi posti.