Alcune tensioni accennano a profilarsi sui prezzi mentre, un mese dopo l’altro, si concretizza la ripresa economica oltreoceano. Quanto tempo durerà? Prova di seguito a dare una risposta Clément Inbona, gestore de La Financière de l’Echiquier.
Un primo esempio, quello del mercato automobilistico, fornisce una chiara indicazione dei meccanismi in atto. La riapertura dell’economia americana sta andando di pari passo con una ripresa dei consumi che spinge i prezzi del mercato automobilistico al rialzo, in particolare nell’usato. La carenza di semiconduttori sta in effetti rallentando i ritmi di produzione delle case automobilistiche che non riescono a soddisfare la domanda di veicoli nuovi, spingendo sia i privati che le società di locazione a puntare gli occhi sul mercato dell’usato. Domanda in aumento, pressioni sull’offerta, difficoltà logistiche: questo trittico inflazionistico si replica in altri mercati.
Anche il mercato del trasporto merci è sotto pressione. Sostenuto da un’impennata della crescita, ma penalizzato dall’aumento dei prezzi del petrolio e da una flotta sottodimensionata dopo anni di sottoinvestimenti, i costi di trasporto stanno andando alle stelle. Mentre il prezzo di un container tra Shanghai e Los Angeles si aggirava, ad esempio, intorno ai 1.500 dollari prima della crisi, ora costa più di 5.000 dollari.
Allo stesso modo, l’aumento dei prezzi colpisce praticamente tutte le materie prime. L’epoca in cui il petrolio veniva scambiato a un prezzo negativo sembra ormai molto lontana anche se è passato soltanto poco più di un anno. Il barile, oggi, scambia a circa 65 dollari a New York, in rialzo di oltre il 30% dall’inizio dell’anno. Le materie prime agricole o i metalli industriali non sono da meno, quasi tutti in rialzo di alcune decine di punti percentuali dall’inizio dell’anno.
Le pressioni sui prezzi si esercitano anche su alcuni beni intermedi, prodotti lavorati ma non ancora finiti. Anche in questo caso, la fermata repentina delle linee di produzione l’anno scorso ha provocato dei rinvii in serie e le tensioni rimangono in un’economia globalizzata. Tutti i prodotti contenenti semiconduttori sono impattati da ritardi nella produzione o da aumenti dei prezzi.
Si stanno infine accumulando segnali di allarme anche nel settore immobiliare, principale pilastro per il calcolo dell’inflazione “PCE”, ovvero la misura osservata più da vicino dalla Fed. Ovviamente, l’afflusso di liquidità iniettato dalla Fed sta sostenendo la domanda anche se il desiderio di avere qualcosa di “più o più grande” a seguito della crisi sanitaria sta mettendo a dura prova la domanda. Senza contare una tendenza strutturale, altrettanto sostenuta. In tutti i paesi sviluppati assistiamo a un fenomeno di “nidificazione”, con famiglie che si disgregano per via del numero crescente di coppie separate che spingono al rialzo la richiesta di alloggi. L’offerta, invece, è strutturalmente meno reattiva dato il tempo necessario per costruire un elevato numero di nuove case.
Per gli investitori esposti alle asset class sensibili a un aumento tendenziale dei prezzi, il ritorno dell’inflazione potrebbe essere benefico. Tra azioni di società che approfittano di un pricing power importante o legate ai prezzi delle materie prime, obbligazioni indicizzate all’inflazione e settore immobiliare, non mancano le asset class per vaccinarsi contro l’inflazione.