Venerdì scorso l’indice S&P 500 ha registrato un calo del 2,7%, interrotto da un rally che aveva portato la crescita dell’anno a oltre il 15%. La discesa è stata alimentata dal rinnovato clima di tensione commerciale tra Stati Uniti e Cina, scatenato dalla minaccia del presidente americano Donald Trump di imporre un «aumento massiccio» dei dazi sulle importazioni cinesi. Gli ADR cinesi quotati negli Usa hanno subìto vendite diffuse, con perdite vicino al 7% nella sola giornata di venerdì.
Dopo la chiusura dei mercati, Trump ha annunciato nuove misure, tra cui un dazio del 100% su tutte le importazioni cinesi a partire dal 1° novembre e controlli all’export su «software critico». Il presidente ha inoltre considerato la possibilità di cancellare l’incontro programmato con il presidente cinese Xi Jinping, in risposta all’espansione dei controlli cinesi sulle terre rare.
La Cina ha replicato annunciando nuovi oneri portuali per navi statunitensi o con bandiera Usa, a partire dal 14 ottobre, e ha aperto un’indagine antitrust su Qualcomm, segnalando la disponibilità di Pechino a estendere le misure di ritorsione oltre il commercio.
Sul fronte obbligazionario, gli investitori hanno cercato sicurezza: i rendimenti dei Treasury a dieci e due anni sono calati rispettivamente di 8 e 6 punti base. L’oro è salito dell’1% e il Dollar Index è sceso dello 0,6%, riflettendo l’aumento dell’incertezza nei mercati globali.
Domenica, tuttavia, Trump ha adottato toni più concilianti, scrivendo sui social: «Non preoccupatevi per la Cina, andrà tutto bene!» e che gli Stati Uniti «vogliono aiutare la Cina, non danneggiarla». Il ministero del Commercio cinese ha sottolineato che i nuovi controlli sulle terre rare sono una risposta alle misure statunitensi, aggiungendo: «non vogliamo una guerra dei dazi, ma non ne abbiamo paura».
In questo sceanrio, secondo Mark Haefele, Chief Investment Officer di Ubs Global Wealth Management «La minaccia di una guerra commerciale Usa-Cina si era attenuata dalla primavera, ma la rivalità strategica di fondo tra i due Paesi rende possibili nuovi focolai di tensione. Questo ultimo sviluppo potrebbe generare ulteriore volatilità. La storia delle negoziazioni tra Trump e Xi è segnata da cicli di escalation seguiti da tregue tattiche, e questa fase potrebbe segnare l’inizio di un nuovo ciclo di tensioni».
Non solo. Haefele avverte: «Il percorso dei mercati nel breve termine dipenderà in gran parte dall’evoluzione dell’escalation. La Cina controlla circa il 70% della produzione mondiale di terre rare, il che le conferisce una posizione di forza nei negoziati. Se le dispute si concentrassero su chimica o soia, potrebbe offrire un’opportunità per un compromesso positivo per i mercati. Escalation che coinvolgano tecnologia o questioni geopolitiche potrebbero invece risultare più difficili da risolvere».
Nonostante le tensioni, secondo Haefele il mercato rialzista resta intatto. «I pullback dovrebbero rappresentare un’opportunità per gli investitori sottopesati in azioni per aumentare l’esposizione a lungo termine. La crescita degli utili negli Usa è sostenuta dalla resilienza dei consumi e dagli investimenti in intelligenza artificiale. Prevediamo una crescita dell’8% degli utili per azione dell’S&P 500 quest’anno e del 7,5% nel 2026».
Tra le strategie suggerite, Haefele raccomanda di «comprare durante i ribassi», di mantenere un’esposizione bilanciata ai tre settori chiave – AI, Longevità e Energia & Risorse – e di considerare l’oro come diversificatore e copertura contro i rischi politici ed economici.
In sintesi, il mercato globale si trova in una fase di maggiore volatilità, con i temi commerciali e tecnologici tra Usa e Cina al centro delle preoccupazioni, ma con opportunità per gli investitori pazienti e ben posizionati.