Oro: ecco fino a dove e perchè potrebbe arrivare entro il 2026

Secondo Peter Kinsella, Head of Investment Services UK di Ubp, il prezzo dell’oro potrebbe raggiungere i 4.600 dollari l’oncia entro il quarto trimestre del 2026. “Il recente slancio suggerisce tuttavia che questo obiettivo potrebbe essere raggiunto ancora prima ed esistono rischi significativi al rialzo per la nostra previsione nel caso di un disancoraggio delle aspettative d’inflazione”, avverte Kinsella.

Le banche centrali dominano il mercato

Negli ultimi anni le banche centrali hanno aumentato in maniera significativa i loro acquisti di oro, più che raddoppiandoli rispetto al 2022. “Gli ultimi dati indicano che aggiungeranno oltre 900 tonnellate alle loro riserve nel 2025. Le banche centrali stanno acquistando circa il 30% dell’offerta mineraria globale annuale. Si tratta di un enorme cambiamento nella curva della domanda globale e significa che l’oro sarà ben supportato in caso di ribassi”, spiega Kinsella.

L’esperto aggiunge che un aumento dell’1% degli acquisti da parte delle banche centrali equivale a poco più di 1.000 tonnellate di oro fisico, suggerendo una domanda sottostante prolungata per gli investitori.

Domanda istituzionale e retail in crescita

I futures sull’oro si trovano vicino ai massimi pluriennali, dopo una ripresa dai cali di aprile. “I CTA (Commodity Trading Advisor) sono stati molto attivi, e il recente breakout ai nuovi massimi storici fa pensare che manterranno o aumenteranno ulteriormente le proprie posizioni nelle prossime settimane e mesi, fornendo un catalizzatore per ulteriori rialzi nel breve termine”, osserva Kinsella.

Anche gli investimenti retail tramite ETF continuano a crescere: sette mesi consecutivi di afflussi confermano l’interesse degli investitori. “Le posizioni totali negli ETF restano molto inferiori ai livelli del 2020, offrendo un ampio margine per ulteriori afflussi – almeno nell’ordine di 10 milioni di once, circa 280 tonnellate”, sottolinea l’analista.

Il ciclo di tagli dei tassi della Fed potrebbe inoltre ridurre il costo opportunità di detenere oro, con effetti significativi quando i tassi reali scenderanno sotto l’1,50%.

Inflazione, Fed e Treasury

Kinsella mette in guardia sui rischi legati a una Fed meno indipendente: “La possibile perdita di indipendenza della Fed potrebbe portare a tassi d’interesse troppo bassi per un periodo prolungato, con conseguente maggiore inflazione cumulata e/o crescita del credito. Il rischio per il mercato è che le aspettative d’inflazione si disancorino”.

In questo scenario, anche una piccola riallocazione dai Treasury verso l’oro potrebbe tradursi in afflussi per almeno 400 miliardi di dollari.

Debolezza del dollaro e contesto globale

Secondo Kinsella, se l’amministrazione USA continuerà a favorire un dollaro più debole, ciò ridurrà l’attrattiva di detenere riserve valutarie in dollari. “Di conseguenza, la quota del dollaro nelle riserve valutarie globali potrebbe continuare a diminuire, con l’oro come principale beneficiario di questa tendenza”, spiega.

Il rialzo dell’oro, iniziato nel 2020 e con un incremento del 150%, si colloca nella fascia inferiore dei grandi rally storici, suggerendo spazio per ulteriori aumenti.

Scenari di calo

Non mancano però fattori ribassisti. Tre i principali scenari individuati da UBP:

  • Rendimenti reali elevati per un periodo prolungato, con tassi superiori al 2%;
  • Calo dei mercati azionari, che può spingere gli investitori a liquidare oro temporaneamente;
  • Vendite forzate di riserve auree da parte di Paesi con deficit fiscali, con effetti di breve periodo.

“Tuttavia, la domanda globale sottostante suggerisce che eventuali cali sarebbero di breve durata”, conclude Kinsella.