Azionario Usa: la rotazione settoriale ridisegna le strategie degli investitori

L’S&P 500 ha aggiornato ancora una volta i propri record, toccando il 38° massimo storico dell’anno, spinto da una Fed più accomodante del previsto dopo il meeting di dicembre del FOMC. Un contesto che, secondo molti analisti, continuerà a sostenere l’azionario almeno per la prima metà del 2026.

Secondo Antonio Tognoli, responsabile macro analisi e comunicazione di Cfo Sim, “il rialzo dell’S&P 500 riflette un raro allineamento tra fondamentali solidi e una politica monetaria che sta tornando gradualmente espansiva, uno scenario che storicamente tende a favorire gli asset rischiosi”.

Nonostante il clima costruttivo, emergono però segnali di stanchezza su uno dei temi dominanti degli ultimi anni. “È evidente una crescente prudenza intorno al settore dell’intelligenza artificiale, con molti investitori che stanno cercando di riallocare parte dei guadagni accumulati verso altre aree di valore”, osserva Tognoli. Allo stesso tempo, il sentiment generale appare in miglioramento: il sondaggio dell’American Association of Independent Investors mostra infatti il rapporto tra rialzisti e ribassisti ai massimi da gennaio.

A dare ulteriore benzina ai mercati sono state soprattutto le indicazioni emerse dalla riunione del FOMC. Il taglio dei tassi di 25 punti base era ampiamente atteso, ma a sorprendere sono stati il tono della conferenza stampa, il Summary of Economic Projections e la dichiarazione ufficiale, giudicati complessivamente più accomodanti del previsto. “L’elemento più rilevante è stato l’annuncio dell’avvio, entro 30 giorni, di acquisti di titoli del Tesoro a breve termine”, sottolinea Tognoli. “Pur essendo finalizzati, nelle parole di Powell, al mantenimento di ampie riserve bancarie, questi interventi aumentano la liquidità e sostengono in modo significativo le attività rischiose”.

Un altro aspetto chiave riguarda le prospettive sui tassi nel medio periodo. La proiezione del tasso mediano nel SEP è rimasta invariata rispetto a settembre, ipotizzando un solo taglio nel 2026, in contrasto con le aspettative del mercato che prezzano oltre due riduzioni. “Come ribadito più volte da Powell, tutto dipenderà dai dati macroeconomici”, ricorda Tognoli, aggiungendo che la riunione di dicembre potrebbe essere stata l’ultima con Powell alla guida della Fed. “Il mercato scommette sul fatto che il prossimo presidente sarà progressivamente più accomodante”.

A rafforzare l’ipotesi di ulteriori tagli nella seconda metà del prossimo anno hanno contribuito anche le dichiarazioni di alcuni esponenti della Fed, tra cui il presidente della Fed di Chicago, Austan Goolsbee. “Il suo cambio di tono, da più prudente a meno restrittivo, segnala una crescente attenzione al processo di disinflazione e apre la porta a una politica monetaria più flessibile”, spiega Tognoli.

Sul fronte macro, restano alcune incognite. Se da un lato persistono rischi al ribasso per il mercato del lavoro, dall’altro l’inflazione potrebbe tornare una priorità. “Condividiamo l’idea che l’impatto inflazionistico dei dazi sui beni sia temporaneo, a condizione che i salari non inneschino una nuova spirale prezzi-salari”, afferma Tognoli. “In caso contrario, un indebolimento del potere d’acquisto potrebbe pesare sui consumi”.

Quanto all’intelligenza artificiale, il raffreddamento dell’entusiasmo non viene letto come un segnale strutturale negativo. “L’IA non è una moda passeggera: i fondamentali delle aziende più esposte restano solidi e le fasi di correzione possono rappresentare opportunità interessanti”, precisa Tognoli.

Guardando al 2026, gli analisti di Cfo Sim restano costruttivi sul proseguimento del mercato rialzista. La crescita economica appare resiliente, l’incertezza si è ridotta e la politica monetaria continua ad allentarsi.

In questo contesto, tuttavia, la rotazione settoriale diventa centrale. “La rotazione è la linfa vitale di ogni bull market e oggi stiamo finalmente osservando spostamenti più marcati dai vincitori di ieri”, osserva Tognoli, pur ritenendo che non vi siano ancora motivi per abbandonare le large cap statunitensi.

Tra le aree di maggiore interesse per il nuovo anno spiccano le small cap, favorite da un contesto di crescita solida e politica monetaria più accomodante, le azioni internazionali, che hanno registrato il miglior anno relativo dal 2009, e alcuni settori specifici come sanità e finanza. “Sono comparti poco legati all’intelligenza artificiale e offrono una buona diversificazione durante le fasi di rotazione”, conclude Tognoli, citando anche le opportunità potenziali nelle banche regionali, sostenute da una curva dei rendimenti ancora ripida, dal consolidamento del settore e da uno scenario macroeconomico favorevole.