Il 2025 si chiude per l’economia europea con un bilancio che mescola sviluppi attesi e sorprese inattese. “Negli Usa i consumi delle famiglie si sono rafforzati, la disoccupazione è ulteriormente diminuita e fiducia e produttività hanno finalmente iniziato a recuperare”, sottolinea Sylvain Broyer, Chief Economist EMEA di S&P Global Ratings. Allo stesso tempo, osserva Broyer, “la decisione dell’amministrazione statunitense di aumentare i dazi sui beni europei ha rafforzato le preoccupazioni sul contesto esterno”.
Tra le sorprese più rilevanti del 2025 figura il forte apprezzamento delle valute europee rispetto al dollaro, nonostante lo shock tariffario che normalmente avrebbe favorito un indebolimento di euro, sterlina e franco svizzero. Non meno sorprendente è stato lo stimolo fiscale annunciato dal governo tedesco, “che ha portato a revisioni al rialzo significative delle previsioni di crescita per il periodo 2026–2028”, spiega Broyer.
La crescita del PIL ha mostrato una notevole resilienza in un contesto di volatilità e incertezza politica. Secondo le stime aggiornate, sia l’area dell’euro sia il Regno Unito dovrebbero registrare un’espansione dell’1,4% nel 2025, contro le proiezioni iniziali rispettivamente dello 0,9% e dello 0,8%. “Una analisi a posteriori degli errori di previsione mostra che la ripresa degli investimenti è stata sostanzialmente sottovalutata in entrambe le aree”, aggiunge l’economista.
Gli investimenti complessivi hanno contribuito per circa mezzo punto percentuale alla crescita, quasi quanto la spesa dei consumatori, un incremento significativo rispetto all’ipotesi iniziale di contributo nullo. Questo risultato riflette investimenti pubblici più sostenuti in Paesi come Spagna e Italia, che continuano a utilizzare i fondi del NextGeneration EU, e investimenti privati robusti nelle apparecchiature ICT e nei diritti di proprietà intellettuale, soprattutto in Irlanda, trainati dal boom delle infrastrutture legate all’intelligenza artificiale proveniente dagli Stati Uniti.
“Anche se l’Europa dovesse chiudere l’anno su una nota positiva, è prematuro guardare al 2026 con grande ottimismo”, avverte Broyer. L’assorbimento migliore del previsto degli shock esterni suggerisce una base di domanda interna più solida, ma l’aggiustamento verso un nuovo equilibrio post-shock è ancora in corso, influenzato da dazi statunitensi, penetrazione delle importazioni cinesi e valute più forti.
2026: momenti di verità per le politiche
Guardando al 2026, le prospettive di crescita nell’area dell’euro e nel Regno Unito appaiono stabili. “Le condizioni del mercato del lavoro si sono attenuate, ma i bilanci delle famiglie restano solidi e la disinflazione è incompleta”, osserva Broyer. Le condizioni di finanziamento dovrebbero beneficiare di ulteriori tagli dei tassi da parte della Bank of England, mentre la Banca centrale europea probabilmente manterrà i tassi bassi, con margini limitati per ulteriori apprezzamenti valutari in assenza di nuovi shock.
Le politiche economiche saranno determinanti. “Il piano fiscale della Germania è cruciale; sebbene siano visibili i primi segnali di una domanda pubblica più forte, restano interrogativi sull’addizionalità e sull’ampiezza delle riforme”, sottolinea Broyer. I prossimi negoziati sul Quadro finanziario pluriennale dell’UE, previsti per il 2027, metteranno alla prova la disponibilità degli Stati membri a un bilancio più strategico, con spesa concentrata su infrastrutture transfrontaliere, difesa, clima e innovazione.
Focus principale per il 2026 sarà l’attuazione del pacchetto fiscale tedesco e i suoi effetti regionali, gli sviluppi delle politiche europee e nazionali, e la sostenibilità del boom degli investimenti in ICT, inclusa la diffusione delle tecnologie di intelligenza artificiale e il loro impatto su produttività e occupazione.
