Le settimane a cavallo tra novembre e dicembre hanno portato svolte significative nella politica monetaria statunitense, con effetti a catena sui mercati globali. “Dalla seconda metà di novembre ad oggi i mercati hanno vissuto settimane dense di eventi, con le mosse della Fed al centro dell’attenzione”, afferma Filippo Casagrande, chief of investments di Generali Investments.
Il taglio dei tassi di dicembre, seppur atteso, ha messo in luce profonde divisioni interne. “Ben tre membri votanti hanno dissentito con la decisione: due hanno votato per mantenere i tassi invariati, mentre Stephen Miran… ha votato per un taglio di 50 punti base, confermandosi il membro del FOMC con il posizionamento più ‘dovish’”, spiega Casagrande. Tuttavia, l’aspetto più strutturale è un altro: la gestione della liquidità.
Il nuovo sostegno della liquidità
Il 1° dicembre si è chiuso ufficialmente il Quantitative Tightening (QT), con un ridimensionamento del bilancio Fed di 2500 miliardi di dollari. Contemporaneamente, spiega Casagrande, “La Fed ha avviato una nuova serie di operazioni, definite ‘Reserve Management Purchases’. Queste operazioni consistono nell’acquisto di titoli del Tesoro USA a breve termine per circa 40 miliardi al mese”. L’obiettivo è stabilizzare il sistema.
“Non si tratta di un vero e proprio Quantitative Easing… ma l’impatto sulla liquidità è sicuramente positivo”, sottolinea il chief of investments. Questa svolta risolve il problema del calo delle riserve in eccesso osservato nei mesi precedenti. “Nel corso del 2026 vedremo un progressivo aumento della liquidità e questo storicamente è un fattore importante per i mercati e gli attivi rischiosi”.
Un quadro macroeconomico a chiaroscuri
Queste mosse si inseriscono in un contesto statunitense contrastante. Da un lato, le stime di crescita per il 2026 sono state riviste al rialzo, sostenute dagli investimenti in AI e dalla tenuta dei consumi. Dall’altro, il mercato del lavoro mostra una chiara debolezza. “In termini di nuovi posti di lavoro creati, ottobre ha visto un calo di ben 105mila unità… Negli ultimi 7 mesi, i posti di lavoro creati sono poco più di 100mila, un deciso rallentamento”, precisa Casagrande. Il tasso di disoccupazione è salito al 4,6%.
Per l’Eurozona, la crescita attesa per il 2026 è dell’1,1%, trainata da una ripresa tedesca. L’inflazione nell’area euro si attesta al 2,1%, ma la componente servizi rimane persistente al 3,5% annuo.
Le divergenze tra le banche centrali
Le ultime settimane hanno visto un rialzo dei rendimenti obbligazionari core, particolarmente accentuato in Germania e Giappone. “Il tasso decennale Bund è salito in area 2,85%… In Giappone… il tasso decennale è passato dall’1,1% di inizio anno a quasi il 2%”, osserva Casagrande.
La spiegazione sta nelle diverse aspettative di politica monetaria. “Mentre per la Fed il mercato vede un paio di tagli nel corso del 2026, per la BCE questa aspettativa non c’è più… In Giappone le aspettative sono addirittura di un rialzo dei tassi”. Un elemento unificante, però, c’è: “La cosa interessante che accomuna ormai tutti i principali paesi sviluppati è che i tassi reali sono in linea con la crescita potenziale dell’economia. Questo è storicamente un fattore di grande supporto per i rendimenti del comparto obbligazionario”.
Un 2026 molto incerto per la Fed, tra dati e lotte di successione
L’orizzonte per la Fed è nebuloso. “Il pricing di mercato vede oggi almeno due tagli della Fed entro fine 2026… La Fed invece vede in media un solo taglio. Va però detto che la dispersione delle previsioni dei membri del FOMC è molto elevata”, afferma Casagrande.
L’incertezza è alimentata anche dalla politica. “Il mandato di Jerome Powell è in scadenza e crescono le indiscrezioni sul successore. Il timore di alcuni analisti è che la linea della Fed si appiattisca ai desiderata del Tesoro USA… Una Fed meno indipendente può causare volatilità”.
Le prospettive e il posizionamento di portafoglio
Nonostante le incertezze, la visione sui mercati rimane costruttiva. “L’aumento della liquidità in eccesso negli Stati Uniti è un elemento di grande supporto e in un mondo ad inflazione moderatamente elevata, l’esposizione azionaria rimane importante”, sostiene Casagrande.
Generali Investments ha quindi aggiornato il suo posizionamento:
- Obbligazionario: “Aumentiamo l’allocazione sui Bund tedeschi… mentre riduciamo la preferenza tattica sugli Stati Uniti”. Si conferma l’interesse per i BTP italiani e per il credito Investment Grade europeo, nonché per i bond in valuta locale dei paesi emergenti.
- Azionario: Si conferma il sovrappeso su Stati Uniti, Eurozona e Paesi Emergenti. “Continuiamo, inoltre, a lavorare e sovrappesare temi strutturali, come i titoli auriferi… il settore della difesa europea, le banche europee… e il settore Tech USA”. Nel comparto AI, conclude Casagrande, “la selezione dei singoli titoli diventa più importante e l’analisi fondamentale, in particolare nella generazione di cassa, assume un ruolo centrale”.
