Rally AI e tensioni nascoste: i ruoli chiave del Giappone e dell’oro

Un deciso impulso “risk-on” ha caratterizzando le negoziazioni prima di Natale, trainato ancora una volta dall’entusiasmo per l’intelligenza artificiale. I futures sul Nasdaq segnano il passo, le “Magnificent 7” sono in verde e i titoli cosiddetti “AI-beta” – come Nvidia, Oracle e Micron – trascinano gli indici. Tuttavia, come sottolineano gli analisti, la vera storia non è nei guadagni percentuali, ma nel contesto in cui si sviluppano: volumi estremamente ridotti e scarsa liquidità possono amplificare i movimenti in modo fuorviante.

In questo scenario, Carlo De Luca, responsabile investimenti di Gamma Capital Markets, afferma: “Il mercato sta cavalcando un’ondata di liquidità e propensione al rischio fino a fine anno, con l’idea che nel 2026 ci sia ancora spazio per l’azionario tecnologico. Siamo però in una settimana accorciata, con volumi tipicamente bassissimi e prezzi che possono muoversi troppo per motivi banali: poca liquidità, book scarichi, aggiustamenti di posizione”.

Ma mentre l’equity americano festeggia, due potenti forze si muovono in sottotraccia, segnalando potenziali turbolenze.

Il terremoto giapponese e la fine di un’era

Il primo, e forse più cruciale, asse di tensione è il Giappone. Dopo che la Bank of Japan ha alzato i tassi a un massimo dal 1995, il rendimento del titolo decennale giapponese (JGB) ha sfondato il 2%, livello non visto dal 1999. L’effetto spillover si sta già propagando sui mercati obbligazionari globali, dall’Australia alla Germania.

“Per trent’anni il Giappone è stato l”anomalia’ del mondo. Tassi a zero, inflazione assente, banca centrale che comprava tutto. Questo ha trasformato lo yen nella valuta perfetta per finanziarsi ovunque, il famoso carry trade, uno dei pilastri nascosti della liquidità globale”, spiega De Luca. “Ora quel mondo sta cambiando. L’inflazione non è più temporanea e la BoJ non può più fingere. Il risultato è che i rendimenti salgono velocemente. Quando succede, due cose diventano instabili: il carry trade scricchiola e gli investitori giapponesi iniziano a chiedersi perché tenere soldi all’estero se a casa ottengono un rendimento decente. Questo significa potenziali vendite di Treasury USA e di altri bond globali”.

Il paradosso è che, nonostante il rialzo, lo yen si è ulteriormente indebolito, aumentando la pressione per nuove strette. “È un circolo che il mercato non ha mai dovuto prezzare negli ultimi decenni. Ecco perché il Giappone oggi è una miccia: se salta l’equilibrio dei tassi giapponesi, le onde arrivano ovunque”, avverte De Luca.

I metalli preziosi lanciano un segnale d’allarme

Contemporaneamente, l’oro e l’argento toccano massimi storici, muovendosi in una modalità di “cambio di regime”. Non si tratta del classico hedge, ma di una decorrelazione sia dal dollaro che dal rischio azionario.

“Quando oro e argento iniziano a muoversi ‘liberi’, spesso significa che il mercato sta prezzando una combinazione di: incertezza geopolitica, dubbi sulla traiettoria dei tassi reali e bisogno di hedge ‘non digitali’”, commenta De Luca.

Il triangolo della tensione

Si crea così un triangolo di forze contrapposte: l’euforia azionaria sull’AI, la nervosità del mercato obbligazionario globale guidata dal nuovo scenario giapponese, e il segnale di allarme lanciato dai metalli preziosi. A ciò si aggiungono dati inflazistici americani più deboli del previsto, ma con forti dubbi metodologici, e una Fed in attesa.

“Questo mix è esplosivo”, conclude De Luca. “Alimenta l’azionario oggi, ma alza il rischio di un ripricing violento se l’inflazione fosse più persistente o se i rendimenti giapponesi continuassero a salire. Il testo è pieno di micro-mine: in un mercato con liquidità scarsa, un evento geopolitico o uno shock da policy può far girare tutto di colpo, come insegnò il dicembre 2018. Dunque, rally sì, ma ‘fragile’. L’AI spinge l’equity, ma bond e metalli stanno raccontando un’altra storia: sotto la superficie la percezione del rischio non è affatto rilassata”.