I pilastri che hanno sostenuto la forza del dollaro statunitense negli ultimi tre anni stanno mostrando segni di progressivo indebolimento. Secondo Jens Søndergaard, analista valutario di Capital Group, il quadro macroeconomico suggerisce l’apertura di una finestra tattica di debolezza della valuta americana che potrebbe estendersi fino al 2026.
“Gli Stati Uniti si sono distinti a lungo per una crescita persistente, sostenuta da una spesa dei consumatori particolarmente robusta, ma i dati più recenti indicano un rallentamento”, osserva Søndergaard. In prospettiva, spiega l’analista, “la combinazione di incertezza politica, pressioni tariffarie e raffreddamento del mercato del lavoro dovrebbe mantenere l’economia su un percorso di maggiore fragilità”.
Il confronto con l’Europa appare sempre più rilevante
L’economia dell’area euro sta infatti mostrando segnali di ripresa, favorita anche dall’atteso impatto degli stimoli fiscali tedeschi. “Prevediamo un apprezzamento dell’euro rispetto al dollaro con l’entrata in vigore delle misure fiscali in Germania”, afferma Søndergaard, sottolineando come anche lo yen giapponese possa trarre beneficio “dalla riduzione dei differenziali dei tassi reali”.
Un ruolo chiave nelle prospettive del dollaro resta però legato all’andamento dei mercati azionari statunitensi
Negli ultimi dieci anni, la forte domanda globale di azioni USA, in particolare nel settore tecnologico, ha rappresentato una fonte rilevante di sostegno per la valuta. “Una parte significativa di questi flussi di capitale è arrivata dal Giappone e dall’Europa, dove tassi di interesse bassi e crescita moderata hanno spinto gli investitori verso gli asset statunitensi”, ricorda l’analista.
Questo equilibrio, tuttavia, potrebbe essere messo in discussione
Secondo Søndergaard, “il ciclo potrebbe cambiare se gli investitori inizieranno a cercare opportunità al di fuori dei titoli azionari statunitensi, oggi caratterizzati da valutazioni elevate”. Allo stesso tempo, avverte, “se le azioni USA continueranno a registrare performance positive, il dollaro potrebbe rimanere resiliente nonostante venti contrari più ampi”.
Nel dibattito di mercato sta intanto prendendo forza l’idea che il dollaro meriti uno sconto strutturale. Tra i fattori citati figurano i rischi per l’indipendenza della Federal Reserve, le vulnerabilità fiscali e la crescente attenzione al tema della dedollarizzazione. “Sono narrazioni che incidono sulle valutazioni di lungo periodo”, spiega Søndergaard, pur invitando alla cautela.
Nonostante ciò, non emergono minacce immediate allo status egemonico del biglietto verde. Il dollaro continua infatti a svolgere tre funzioni centrali: valuta di riferimento per il commercio internazionale e i flussi di capitale transfrontalieri, componente dominante delle riserve ufficiali e bene rifugio nelle fasi di stress economico.
“Inoltre, non si è ancora affermata un’alternativa credibile”, conclude l’analista di Capital Group. “Anche in presenza di un possibile calo ciclico e prolungato, le dimensioni dell’economia statunitense e la profondità dei suoi mercati finanziari dovrebbero continuare a sostenere la leadership del dollaro nel sistema monetario globale”.
