Stablecoin: tra rischi e opportunità, la finanza cambia volto

Il 2025 potrebbe passare alla storia come l’anno di svolta per le stablecoin, le criptovalute “stabili” destinate a rivoluzionare il mondo dei pagamenti digitali e non solo. A dirlo è il nuovo studio “Stablecoin e le nuove criptovalute”, pubblicato dalla Banca del Fucino nella sua rubrica Fucino Digital e curato dal Professor Gianluca Duretto, docente dell’Università degli Studi Internazionali di Roma.

La ricerca arriva a pochi mesi dall’approvazione del Genius Act negli Stati Uniti, la legge firmata dal Presidente Donald Trump a luglio che regolamenta per la prima volta l’emissione e l’utilizzo di questi strumenti finanziari.

Cosa sono esattamente le stablecoin?

Secondo gli esperti della Banca del Fucino, si tratta di “strumenti ibridi tra il mondo della finanza tradizionale e quello delle criptovalute”, il cui meccanismo centrale è quello dell’ancoraggio (peg) a un asset esterno, come una valuta o un paniere di valute, che ne garantisce la stabilità di valore.

“Il già diffuso interesse dei mercati verso le stablecoin si è notevolmente rafforzato dopo l’intervento normativo americano”, si legge nel report, “e non mancano analisti che parlano di una prossima rivoluzione nei pagamenti internazionali”.

Due, in particolare, le ragioni alla base del crescente interesse verso questi strumenti.

In primo luogo, spiegano gli analisti della Banca del Fucino, “le stablecoin sono prive della volatilità tipica delle crypto, ma conservano l’infrastruttura blockchain, che permette pagamenti sicuri, veloci e a costi di transizione nettamente inferiori rispetto ai sistemi tradizionali”. Ciò le rende un’opportunità strategica per le banche: potenzialmente in grado di sottrarre capitali al circuito bancario, ma anche di diventare un “grande volano di utili” per gli istituti più lungimiranti.

Il secondo punto tocca un nervo scoperto: la sovranità monetaria. “L’emissione di valuta è sempre stata prerogativa dello Stato”, sottolinea lo studio, ma una massiccia adozione delle stablecoin come mezzi di pagamento “potrebbe fortemente limitare la capacità di azione degli Stati in campo monetario”.

La risposta normativa, però, diverge profondamente tra le due sponde dell’Atlantico: l’Europa pone vincoli stringenti agli emittenti, mentre gli Stati Uniti, secondo gli esperti della Banca del Fucino, “vedono in questi nuovi strumenti un’occasione per rafforzare la domanda di titoli di Stato USA – che andrebbero a comporre le riserve delle società emittenti – e rinsaldare lo status del dollaro come valuta di riserva internazionale”. In un contesto dove la maggior parte delle stablecoin circolanti è ancorata al dollaro, Washington punta quindi a “egemonizzare questo nuovo settore della finanza non tradizionale”, con tutti i vantaggi geopolitici ed economici del caso.

Il documento si articola in quattro sezioni: definizioni e caratteristiche delle stablecoin, tipologie in base al meccanismo di ancoraggio, modalità di investimento e accorgimenti antifrode, e infine il quadro normativo comparato tra USA e UE.

“È oggi più che mai essenziale comprendere a fondo questa nuova tipologia di strumenti finanziari”, concludono gli esperti della Banca del Fucino, che offrono con questo studio “una bussola per orientarsi in un universo ancora nebuloso”.

Intanto, il 2025 si chiude con una certezza: le stablecoin non sono più solo una promessa, ma una realtà destinata a ridefinire gli equilibri della finanza globale.