Dollaro verso una debolezza ciclica

Dal 1971, il dollaro USA ha attraversato tre cicli principali, alternando fasi rialziste e ribassiste della durata di circa dieci anni ciascuna. Jens Søndergaard, analista valutario di Capital Group, osserva che “la durata di questo trend anche oltre il 2026 dipenderà dall’eventuale prosieguo della contrazione dei differenziali di crescita”.

Negli ultimi anni dell’ultima fase rialzista, il dollaro ha beneficiato di numerosi fattori strutturali favorevoli, come una crescita interna resiliente, tassi di interesse reali più elevati rispetto alle controparti e una propensione globale per gli asset nazionali. Tuttavia, “al momento si stanno verificando entrambe queste condizioni”, sottolinea Søndergaard, riferendosi al rallentamento della crescita statunitense e al recupero degli altri Paesi, “lasciando presagire per i prossimi 12 mesi una svolta ciclica al ribasso, soprattutto rispetto all’euro”.

Tassi di crescita in convergenza

Negli Stati Uniti, l’occupazione e la spesa al consumo hanno mostrato segni di indebolimento. Søndergaard evidenzia che “la politica monetaria più restrittiva, i dazi e le norme più severe in materia di immigrazione hanno influito negativamente sia sui consumi sia sull’attività delle imprese”. Questo mix di incertezza politica e rallentamento del mercato del lavoro è destinato a favorire un trend di debolezza dell’economia americana.

Per contro, l’Europa mostra segnali di ripresa. I settori dei servizi e della spesa al consumo stanno sostenendo l’economia, mentre la Germania introduce un piano di stimolo fiscale che, secondo Søndergaard, avrà “un impatto significativo sul PIL tedesco” e ricadute positive sull’intera Eurozona. Anche il Giappone presenta momentum positivo, con fondamentali stabili, resilienza delle imprese e politiche che sostengono la domanda interna.

Tassi reali in convergenza

Storicamente, i tassi di interesse reali più elevati negli Stati Uniti hanno favorito i flussi di capitale verso il dollaro. Tuttavia, “considerando il ciclo di taglio dei tassi in cui si trova al momento la Fed e le aspettative inflazionistiche negli Stati Uniti, prevediamo che i tassi reali USA convergeranno verso quelli europei”, spiega Søndergaard, riducendo l’attrattiva del biglietto verde e favorendo l’euro.

Sconti strutturali e predominio del dollaro

Sta aumentando la percezione di uno “sconto strutturale” sul dollaro legato a rischi per l’indipendenza della Fed, vulnerabilità di bilancio e discussioni sulla de-dollarizzazione. Tuttavia, il predominio della valuta statunitense rimane saldo. Søndergaard ricorda che “il dollaro continua a svolgere tre ruoli fondamentali: valuta principale per il commercio internazionale, componente predominante delle riserve ufficiali e riserva di valore preferita dal settore privato durante periodi di stress economico”.

Al momento, non è emersa alcuna alternativa credibile: l’euro manca di un asset sicuro unificato e il renminbi è limitato dai controlli sui capitali. Pertanto, conclude l’analista, “sebbene sia possibile un prolungato calo ciclico tattico del dollaro, le dimensioni dell’economia statunitense e dei suoi mercati finanziari dovrebbero continuare a sostenere la posizione di leadership di questa valuta”.