Asset allocation tra crescita globale e volatilità geopolitica. La view di Pictet AM

Lo scenario geopolitico globale continua a mutare con rapidità, influenzando dinamiche economiche e scelte d’investimento. Come osservano Marco Ghilotti, Senior Manager, Institutional Clients, di Pictet Asset Management, e Stefano Gatti, Antin IP Professor of Infrastructure Finance, Dipartimento di Finanza dell’Università Bocconi, “lo scenario geopolitico globale è in rapida evoluzione e solleva alcune considerazioni sull’andamento dell’economia mondiale e sulle sue implicazioni per l’asset allocation”. Le stime indicano per il 2025 una crescita del PIL globale del 2,5%, in calo rispetto al 2,8% del 2024, con una dinamica analoga attesa anche nel 2026.

Il quadro rimane però disomogeneo: “le economie sviluppate rallentano all’1,2%, mentre i Paesi emergenti mantengono un ritmo robusto intorno al 4%, il valore più alto registrato dai primi anni Duemila”. Una divergenza che si riflette nelle valutazioni dei mercati finanziari.

Mercati azionari: ottimismo, ma con qualche incognita

Secondo Ghilotti e Gatti, “i livelli raggiunti dai mercati azionari suggeriscono che i rischi legati alla crescita o a shock politici sono oggi compensati da utili societari solidi”. Le trimestrali robuste sostengono il sentiment, ma le valutazioni rimangono elevate. Il margine di errore è ridotto, soprattutto in presenza di eventuali ritardi negli effetti dei dazi introdotti dall’amministrazione Trump.

Sul fronte macroeconomico statunitense, “l’indebolimento dei dati sull’occupazione ha rafforzato le aspettative di ulteriori tagli dei tassi d’interesse da parte della Fed, stimati in circa 75 punti base nei prossimi mesi”. Allo stesso tempo, l’inflazione appare una preoccupazione meno urgente secondo i sondaggi più recenti.

Emerging markets: resilienza e valutazioni appetibili

Gli autori sottolineano che “nei Paesi emergenti, le azioni continuano a rappresentare un punto di forza all’interno dei portafogli globali”. La solidità della domanda interna ha permesso a queste economie di assorbire l’impatto dei dazi statunitensi, mantenendo una dinamica di crescita sostenuta.

La loro rappresentazione negli indici globali rimane limitata (circa l’11%), ma il peso economico di Cina e India continua ad avvicinarsi a quello delle principali economie avanzate. Si tratta di Paesi con “una forza lavoro giovane e più competitiva dal punto di vista dei costi, ben posizionati nella transizione energetica”.

Le prospettive degli utili sono altrettanto solide: “le aziende dei mercati emergenti registreranno una crescita degli utili superiore al 10% nei prossimi due anni”, con valutazioni più attraenti rispetto ai mercati sviluppati (P/E medio intorno a 13x). Anche un possibile indebolimento strutturale del dollaro giocherebbe a favore delle esportazioni e dei flussi di capitale verso queste aree.

Cina: rallentamento gestibile e margini di manovra

Nonostante la decelerazione economica, in Cina persiste un sentiment relativamente positivo. “Il calo del 44% delle esportazioni verso gli Stati Uniti tra marzo e luglio ha un impatto relativamente basso”, spiegano gli autori, anche perché rappresentano solo il 3% del PIL. Pechino dispone inoltre di margini fiscali significativi per sostenere la crescita.

Obbligazionario: condizioni favorevoli e opportunità nei mercati emergenti

Sul versante del reddito fisso, “circa il 63% delle banche centrali a livello globale sta tagliando i tassi, creando un contesto favorevole per i comparti più sensibili alla politica monetaria”. Per gli investitori istituzionali questo scenario apre spazi interessanti in termini di duration e diversificazione, soprattutto nei Paesi emergenti, dove l’inflazione contenuta e la crescita stabile sostengono l’apprezzamento delle valute.

Le emissioni emergenti godono ancora di un sentiment positivo, con spread in compressione sia nel segmento sovrano sia in quello corporate. “La domanda di nuove emissioni rimane elevata in tutte le regioni, incluse Colombia e Turchia, con buone performance iniziali”, sottolineano gli autori.

I rischi da monitorare

Non mancano tuttavia le incognite. “Un’inflazione statunitense più persistente o una crescita interna più solida potrebbero rafforzare il dollaro, penalizzando gli asset emergenti”. A questo si aggiungono le tensioni geopolitiche e la possibilità che eventuali delusioni sugli utili dei big globali pesino sul sentiment degli investitori.

Conclusioni

In un contesto complesso ma ricco di spunti, Ghilotti e Gatti sottolineano che “il contesto rimane complesso, ma offre spunti selettivi per gli investitori istituzionali che possono trarre beneficio da un’esposizione bilanciata tra economie emergenti e asset obbligazionari di qualità”. La chiave, spiegano, sarà mantenere un approccio diversificato e sensibile ai fattori strutturali di crescita in un mondo sempre più multipolare.