Le prospettive per il mercato obbligazionario restano positive, con previsioni di un ulteriore allentamento monetario nel 2026. Secondo Chris Iggo, Chief Investment Officer di AXA IM Core, “le strategie passive basate sul carry sono un’opzione ma, data la potenziale evoluzione delle curve dei rendimenti, gli spread cross-market e i premi di credito, le scelte per le strategie attive dovrebbero essere numerose”.
I rendimenti dei titoli di Stato a breve scadenza riflettono le aspettative di politica monetaria, mentre i rischi prevalenti potrebbero generare volatilità per i titoli a più lungo termine. “Le curve si sono irripidite e tale andamento potrebbe proseguire, viste le politiche fiscali e le ingenti emissioni di titoli di Stato”, aggiunge Iggo, sottolineando come nel 2025 le obbligazioni a più lunga duration abbiano sovraperformato, interrompendo un periodo di sottoperformance durato quattro anni. La gestione attiva della duration e la capacità di sfruttare le differenze di rendimento saranno fondamentali per generare performance.
“Con l’irripidimento delle curve, risulterà più interessante aggiungere duration. La riduzione del divario tra i tassi d’interesse in dollari, sterline ed euro rappresenterà un’ulteriore opportunità per accrescere i rendimenti. Gli spread creditizi rimangono contratti, ma è probabile che la volatilità aumenti con l’emergere di timori circa le tendenze generali del credito. Gli investitori attivi dovrebbero essere in grado di rafforzare, durante i probabili periodi di incertezza macroeconomica, l’esposizione al rischio di credito a livelli migliori rispetto a quelli odierni“.
Anche gli investitori europei mostrano segnali di ottimismo. Secondo Alessandro Tentori, Chief Investment Officer Europe di AXA IM, “gli investitori europei hanno continuato ad acquistare costantemente azioni; tra gennaio e agosto gli afflussi nei fondi hanno raggiunto quota 164 miliardi di euro, superando il totale di 144 miliardi del 2024”. Nonostante gli eventi politici internazionali, la propensione al rischio degli investitori non è diminuita: ad aprile gli afflussi azionari hanno superato 15 miliardi di euro, mentre le obbligazioni hanno subito deflussi per quasi 21 miliardi.
Tentori evidenzia come, sebbene gli afflussi siano sulla buona strada per eguagliare la cifra di 276 miliardi del 2024, si sia presumibilmente verificato un passaggio dai titoli di Stato al credito. “Come prevedibile, l’indice ICE Bank of America Euro Corporate è destinato a sovraperformare l’Euro Government Bond di quasi 200 punti base. Inoltre, dopo due anni consecutivi di deflussi, le strategie multi-asset hanno registrato afflussi per quasi 40 miliardi di euro. La propensione al rischio nei portafogli europei ha premiato gli investitori: da inizio anno una strategia standard 60/40 composta da titoli di Stato e azioni comprese nell’indice Stoxx 600 ha conseguito un rendimento totale di circa il 7,4%. In confronto, nell’intero 2024 la stessa allocazione avrebbe generato un rendimento del 4,6%”.
Sul fronte asiatico, la Cina ha definito le priorità economiche per i prossimi anni. Ecaterina Bigos, Chief Investment Officer Asia ex-Japan di AXA IM Core, spiega che “la quarta sessione plenaria cinese si è conclusa il 23 ottobre con un comunicato che ha fornito le prime indicazioni sul 15° piano quinquennale. Nel perseguire gli obiettivi fissati per il 2035, i policymaker dovranno affrontare persistenti squilibri strutturali, difficoltà congiunturali e condizioni geopolitiche incerte”.
Bigos evidenzia che rilanciare la domanda interna è fondamentale per una crescita sostenuta, ma che nel breve periodo la strategia del governo punta sugli investimenti e sul commercio, con un focus sull’autosufficienza tecnologica. “Questo approccio è sia strategico sia pragmatico, basato sull’idea che gli investimenti creeranno nuovi posti di lavoro, favoriranno la crescita dei redditi e, di conseguenza, stimoleranno la domanda. Tuttavia, gli sviluppi macroeconomici e geopolitici futuri, come pure l’attuazione delle politiche, saranno cruciali, soprattutto considerando la necessità della Cina di consumare più di ciò che produce. La debolezza dei prezzi alla produzione deriva dall’eccesso di capacità produttiva e influisce sui prezzi all’esportazione, aumentando il rischio di deflazione esportata e mettendo in ultima analisi a repentaglio la crescita di altre economie manifatturiere”.
