Azionario Usa: la rivoluzione silenziosa delle small e mid cap

Mentre i titoli dei giornali continuano a celebrare le mega cap tecnologiche e il boom dell’intelligenza artificiale, sotto la superficie dei mercati statunitensi si sta delineando una dinamica meno appariscente ma potenzialmente più duratura. Secondo Matt Mahon, Portfolio Manager del fondo T. Rowe Price US Smaller Companies Equity di T. Rowe Price, «le azioni small e mid cap statunitensi si stanno posizionando come la prossima grande opportunità di mercato».

Negli ultimi dodici mesi, i rendimenti sono stati dominati dai titoli speculativi ad alto beta, un fenomeno che ricorda da vicino la leadership ristretta dell’era delle dot-com. Tuttavia, Mahon sottolinea che «tali frenesie raramente durano a lungo». Quando le valutazioni raggiungono livelli elevati e lo slancio rallenta, spiega, «il capitale non svanisce, ma si sposta altrove. E sempre più spesso si sposta verso le small cap».

Le società a piccola e media capitalizzazione, che rappresentano circa il 70% delle aziende quotate negli Stati Uniti ma solo il 20% della capitalizzazione complessiva, stanno in media infatti trattando a sconto  rispetto alle controparti large cap. «Molte di queste aziende hanno prezzi ai minimi degli ultimi vent’anni, offrendo un terreno fertile per gli investitori a lungo termine», osserva Mahon.

A differenza dell’S&P 500, fortemente concentrato nel settore tecnologico, il mondo delle small cap presenta una maggiore esposizione a comparti come industria, energia, materiali e sanità, che tendono a beneficiare dei contesti inflazionistici. «È importante sottolineare che non tutte le small cap sono speculative», precisa Mahon. «Molte sono aziende ben gestite, durature e con fondamentali solidi».

Tra gli esempi citati dal gestore figurano Molina Healthcare, «un fornitore efficiente in termini di costi che sta guadagnando quote di mercato», e Teledyne Technologies, «leader nell’imaging digitale e nella difesa». Anche società più tradizionali come International Paper stanno beneficiando, secondo Mahon, «del consolidamento del settore e del potere di determinazione dei prezzi».

I dati più recenti dell’indice Russell 2500 mostrano una chiara divergenza: nell’ultimo anno l’indice ha registrato un rendimento del 9,91%, mentre il decile con il beta più elevato è salito del 63,36% (dati FactSet). «Questa inclinazione speculativa», nota Mahon, «rispecchia i cicli passati, in cui le small cap di qualità hanno alla fine portato a rimbalzi sostenibili».

T. Rowe Price sta già puntando su questo cambiamento strutturale. «Con un approccio bottom-up e neutrale dal punto di vista settoriale», spiega Mahon, «il fondo investe nelle small cap nordamericane privilegiando l’arbitraggio temporale e i fondamentali rispetto all’entusiasmo a breve termine».

Nonostante le incertezze macroeconomiche e le crescenti preoccupazioni sulle valutazioni delle large cap tecnologiche, Mahon vede nel segmento delle small cap «un percorso differenziato, sottovalutato e strategicamente interessante per il futuro». E conclude: «Per gli investitori pazienti e con un orizzonte pluriennale, questo segmento trascurato potrebbe essere non solo una scommessa contrarian, ma il prossimo protagonista del mercato».