Il recente cambio al vertice del Partito Liberal Democratico giapponese (LDP) ha riacceso le aspettative di un ritorno alle politiche economiche espansive in stile Abenomics. La nuova leader, Sanae Takaichi, figura di spicco nell’era Abe, è nota per il suo sostegno alle cosiddette “tre frecce” – riforme strutturali, stimoli monetari e stimoli fiscali – che avevano caratterizzato la politica economica giapponese a metà degli anni 2010.
Come spiega Wolf von Rotberg, Equity Strategist di J. Safra Sarasin, «l’elezione di Takaichi ha alimentato le speranze di un ritorno delle misure di stimolo in stile Abenomics, con conseguente rinnovata debolezza dello yen e sostegno per il mercato azionario giapponese». Tuttavia, aggiunge, «le aspettative di un indebolimento eccessivo dello yen potrebbero essere esagerate, limitando il potenziale di sovraperformance delle azioni giapponesi».
Secondo von Rotberg, il contesto macroeconomico giapponese è profondamente mutato rispetto all’epoca Abe. «Il quadro dell’inflazione è cambiato, limitando il margine di manovra della Banca del Giappone in termini di allentamento monetario», osserva l’esperto. «Sotto Abe, la deflazione era considerata un rischio maggiore dell’inflazione, ma dal 2022 l’inflazione core ha costantemente superato il 2%. Negli ultimi mesi ha addirittura oltrepassato i livelli registrati negli Stati Uniti e nell’area euro».
In questo scenario, un ulteriore indebolimento dello yen rischierebbe di alimentare le pressioni inflazionistiche in un’economia fortemente dipendente dalle importazioni di materie prime. «Un indebolimento della valuta potrebbe provocare una forte opposizione interna», sottolinea von Rotberg.
Oltre alle considerazioni interne, vi sono anche implicazioni geopolitiche. «Puntare a una valuta più debole potrebbe non solo incontrare opposizione interna, ma anche provocare una reazione negativa a livello globale», afferma l’analista. «A marzo, il presidente degli Stati Uniti Trump ha accusato il Giappone di indebolire la propria valuta per ottenere un vantaggio commerciale sleale, un’accusa che ripete da anni».
In questo contesto, un deterioramento dei rapporti commerciali tra Tokyo e Washington sarebbe un rischio che il nuovo Governo giapponese cercherà probabilmente di evitare.
Sul fronte dei mercati, la dinamica dello yen resta un fattore chiave per l’andamento dell’azionario nipponico. «In genere, le azioni giapponesi sovraperformano quelle globali (esclusi gli Stati Uniti) di circa il doppio ogni volta che lo yen si deprezza», spiega von Rotberg. «Se lo yen ponderato per il commercio scende del 10% in sei mesi, le azioni giapponesi sovraperformano di circa il 20% rispetto alle azioni globali».
Tuttavia, ai livelli attuali, lo stratega prevede un margine di rialzo limitato. «Ai livelli attuali dello yen, si prevede solo un rialzo marginale per le azioni, con ulteriori guadagni possibili solo in caso di un indebolimento sostanziale della valuta», conclude von Rotberg. «Ciò appare improbabile per i motivi sopra esposti, nonostante la nuova premier abbia sostenuto in passato un indebolimento dello yen».
