L’intelligenza artificiale è diventata il fulcro dell’innovazione tecnologica globale, ma il suo impatto sui mercati finanziari ha riacceso un déjà-vu tra gli investitori: il ricordo della bolla Internet di fine anni ’90. Eppure, secondo Alison Porter, portfolio manager di Janus Henderson, “le analogie tra le due epoche sono più superficiali che sostanziali”.
A differenza della corsa speculativa che portò al crollo del 2000, l’attuale ondata di intelligenza artificiale “non rappresenta una moda o un tema settoriale passeggero, ma una nuova ondata tecnologica di lungo periodo che, per natura, profondità e basi economiche, differisce profondamente dal contesto che portò al crollo del 2000”.
Una nuova ondata tecnologica
Porter colloca l’AI come la quarta grande rivoluzione tecnologica dopo il personal computer, Internet e il cloud. “Ognuna di queste ondate ha ridefinito l’economia globale, costruendo le fondamenta per la successiva”, afferma.
L’intelligenza artificiale, sottolinea, “attraversa l’intero ecosistema tecnologico: dai semiconduttori e l’infrastruttura cloud, fino ai software, ai dispositivi e all’energia necessaria per alimentarli”.
A differenza della bolla dotcom, questa ondata “si sviluppa nel tempo, generando valore reale e duraturo”.
Otto motivi per cui l’AI non è una nuova bolla
- Niente “effetto Y2K”
Nel 2000, la paura del millennium bug creò un picco artificiale di domanda tecnologica. “Oggi non esiste alcun evento simile a gonfiare in modo innaturale la spesa IT”, osserva Porter. - Governance e trasparenza
“Le frodi contabili di WorldCom o Enron distorsero la percezione della domanda reale”, ricorda. “Oggi, normative come il Sarbanes-Oxley Act e una maggiore trasparenza finanziaria rendono il sistema più solido e controllato.” - Finanziamenti più selettivi e solidi
La crescita dell’AI, spiega Porter, “è sostenuta da capitali privati e corporate di lungo periodo, non da IPO speculative”. Aziende come OpenAI, Anthropic o XAI raccolgono fondi per progetti concreti, come data center e infrastrutture. Solo il 20% delle tech è in perdita, “contro oltre un terzo all’epoca della bolla Internet”. - Maggiore complessità finanziaria, ma fondata su basi reali
Le partnership tra colossi come NVIDIA, OpenAI, AMD e Oracle “possono creare circolarità nei flussi finanziari, ma si basano su cash flow reali e obiettivi industriali concreti, non su debito eccessivo”. - Supply chain e domanda più equilibrate
Negli anni 2000 molte start-up “raccoglievano capitale solo per acquistare hardware, generando sovrapproduzione”. Oggi la capacità di calcolo è gestita dai grandi hyperscaler – Microsoft, Google, Amazon – che “possono espandere o ridurre rapidamente le risorse on demand, evitando gli squilibri strutturali del passato”. - Geopolitica e sovranità tecnologica
“La bolla Internet fu alimentata dalla globalizzazione”, afferma Porter, mentre oggi “assistiamo a una fase di deglobalizzazione e di investimenti locali strategici”. L’AI è ormai “un pilastro della competitività nazionale”. - Contesto macroeconomico più bilanciato
Alla fine degli anni ’90 l’aumento dei tassi e dell’inflazione accelerò lo scoppio della bolla. Oggi, secondo Porter, “il contesto macroeconomico è più equilibrato, con segnali di allentamento monetario e minori pressioni sui tassi”. - Valutazioni sostenute da utili reali
La differenza più significativa è nei numeri. “Nel 2000 il settore tecnologico quotava oltre il doppio rispetto al mercato, pur senza profitti. Oggi il rapporto è più contenuto e la crescita è sostenuta dagli utili, non solo dalle aspettative.” NVIDIA, in particolare, “ha trainato il mercato grazie a una forte espansione dei ricavi e dei margini, non per pura speculazione”.
Un ciclo destinato a evolversi
Porter conclude che “l’intelligenza artificiale rappresenta una nuova e significativa ondata tecnologica”. Come le precedenti, “impiegherà diversi anni per svilupparsi pienamente”.
Pur riconoscendo che la fase attuale presenta “alcune somiglianze con l’epoca delle dotcom in termini di intensità degli investimenti e profondità dei cambiamenti”, l’esperta ritiene che questa ondata “sarà caratterizzata da fasi di crescita e correzione più marcate, capaci di generare rendimenti potenzialmente superiori ma anche maggiore volatilità, senza tuttavia sfociare in uno scoppio paragonabile alla bolla Internet”.
In altre parole, conclude Porter, “non siamo di fronte a una bolla destinata a scoppiare, ma a un ciclo di lungo periodo che continuerà a ridefinire l’economia globale”.