La sfida del debito nei mercati emergenti: più autonomia, meno rischio di cambio

Per decenni, molti Paesi emergenti hanno vissuto sotto il peso del cosiddetto “peccato originale”: la necessità di contrarre prestiti in valuta estera. «All’inizio degli anni ’90 – ricorda Giancarlo Perasso, Lead Economist Africa di PGIM – il debito pubblico e garantito dallo Stato nei Paesi a basso reddito superava il 75% del PIL. Più della metà di questo debito era estero e solo il 10% era denominato in valuta locale».

Con la crescita economica e l’aumento dei risparmi interni, questi Paesi hanno gradualmente sviluppato mercati finanziari domestici più profondi, in grado di sostenere il finanziamento interno. La pandemia ha accelerato il processo: «Oggi, il debito interno nei Paesi a basso reddito supera il 20% del PIL – osserva Perasso – e nei mercati emergenti più avanzati la quota è ancora più elevata».

I vantaggi (e i rischi) del debito domestico

Il debito in valuta locale rappresenta un’arma a doppio taglio. «Da un lato – spiega Perasso – un’elevata quota di debito interno può mettere a dura prova la sostenibilità fiscale e limitare il credito al settore privato. Dall’altro, un mercato locale solido riduce la dipendenza dal finanziamento estero, mitiga il rischio di cambio e rafforza la stabilità finanziaria».

Il risultato è una maggiore fiducia degli investitori, ma anche una maggiore responsabilità per i governi, chiamati a mantenere politiche fiscali e monetarie credibili.

La forza delle istituzioni come fattore chiave

La diversità dei mercati emergenti è ampia, e non tutti i Paesi seguono lo stesso percorso. «Alcuni continuano a emettere debito in valuta estera nonostante un ampio risparmio interno – osserva Perasso – mentre altri si affidano quasi interamente ai mercati locali».

Uno dei fattori decisivi è la solidità istituzionale. PGIM utilizza, a questo proposito, l’indice di Moody’s sulla “Forza delle istituzioni e della governance”, che misura la qualità delle istituzioni legislative, giudiziarie e delle politiche macroeconomiche.

«Un chiaro schema emerge – spiega Perasso – quando si confrontano questi punteggi con la composizione del debito. Nei Paesi a basso reddito, quelli con istituzioni più forti tendono ad avere una quota di debito interno superiore alle attese. Nei Paesi a reddito più elevato, al contrario, una governance più debole si associa spesso a mercati locali sottosviluppati».

L’economista cita alcuni esempi significativi: «L’Egitto e il Sudafrica, pur avendo redditi medi inferiori, mantengono banche centrali credibili e quadri giuridici solidi, attirando investitori esterni. Al contrario, la Romania, nonostante istituzioni relativamente forti, ha mercati locali più piccoli rispetto alla Turchia».

Le implicazioni per gli investitori

Guardando al futuro, il debito in valuta locale è destinato a diventare una componente sempre più importante del finanziamento nei mercati emergenti. «La domanda chiave – sottolinea Perasso – è quali Paesi, e in quale momento, sperimenteranno una crescita sostenibile dei loro mercati del debito interno».

Per gli investitori, questo significa monitorare attentamente i miglioramenti nella governance, nella politica fiscale e nell’indipendenza delle banche centrali. «Un rafforzamento istituzionale – precisa – dovrebbe precedere l’approfondimento dei mercati. I progressi in questi ambiti saranno un indicatore cruciale per capire dove si apriranno nuove opportunità».

La Romania, per esempio, «emette un debito in valuta forte significativamente superiore rispetto all’Ungheria, nonostante un rating simile. Ciò comporta un costo del capitale in euro più alto per Bucarest, con conseguenze dirette per gli investitori in termini di rendimenti e rischio sovrano».

Un nuovo equilibrio in evoluzione

In definitiva, la crescente importanza del debito in valuta locale non è solo un segnale di maturazione dei mercati emergenti, ma anche una nuova frontiera per chi cerca valore nel reddito fisso. «Quote più elevate di debito interno – conclude Perasso – aumentano la liquidità e la trasparenza dei mercati locali, facilitando l’ingresso degli investitori esteri».

Tuttavia, la prudenza resta d’obbligo. «La disciplina fiscale, il controllo dell’inflazione e la solidità istituzionale – ricorda – rimangono determinanti fondamentali. Ma la dinamica tra debito locale e debito in valuta forte sta aprendo nuove opportunità di alfa nel panorama dei titoli di Stato dei mercati emergenti».