A cura di David Ennett, co-gestore del fondo Artemis Funds (Lux) Global High Yield Bond fund.
Un anno può cambiare tutto nel reddito fisso. Solo dodici mesi fa, ci si aspettava che le politiche monetarie e fiscali sostenessero i mercati obbligazionari, grazie a tagli generalizzati dei tassi d’interesse e a una graduale normalizzazione della spesa pubblica dopo gli eccessi dell’era Covid.
Oggi, però, l’inflazione persistente indica che i tassi potrebbero presto tornare a salire. Ogni tentativo di ridurre la spesa pubblica si è scontrato con resistenze politiche, mentre lo spazio per aumentare le imposte resta limitato. Il conto, ancora una volta, rischiano di pagarlo i mercati obbligazionari.
Cosa ci riserveranno, dunque, i prossimi dodici mesi?
Ecco i tre grandi interrogativi — e, soprattutto, le risposte — che gli investitori dovrebbero porsi sul reddito fisso nel 2026.
- Cosa dicono attualmente agli investitori i rendimenti e gli spread sui mercati obbligazionari?
La presenza di rendimenti reali positivi sui titoli di Stato riflette da un lato le crescenti preoccupazioni per il deterioramento dei conti pubblici nella maggior parte delle economie, dall’altro aspettative di crescita ancora ragionevolmente positive.
Al di là dei livelli di rendimento, la ripidità delle curve segnala che il mercato obbligazionario non percepisce le condizioni monetarie come eccessivamente restrittive, né un rischio imminente per il ciclo economico.
Detto questo, serve cautela nel dare ai titoli di Stato un peso interpretativo eccessivo. Sebbene vengano spesso considerati la bussola per tutte le altre asset class, è difficile pensare che esista davvero un comitato che decide quando invertire le curve prima delle “inevitabili” recessioni.
Il quadro per famiglie e imprese appare invece decisamente migliore. A quasi quattro anni dall’avvio del ciclo di rialzi, i livelli di indebitamento per entrambe restano buoni. Le aziende hanno reagito riducendo la leva finanziaria, mentre le famiglie non sembrano risentire in modo significativo gli effetti di tassi di interesse più elevati. Alla luce di ciò, la recente contrazione degli spread creditizi appare giustificata.
- Quali sono le grandi opportunità per gli investitori obbligazionari nel 2026?
La divergenza. I grandi mercati direzionali dell’era del QE (Quantitative Easing) e del Covid appartengono ormai al passato. Nei mercati dei titoli di Stato, questo si riflette nelle diverse prospettive di spesa pubblica dei Paesi del G7 e in una crescente divergenza delle politiche monetarie.
Se all’inizio e alla fine della pandemia abbiamo assistito a rialzi e tagli dei tassi un po’ dappertutto, nel 2026 lo scenario vede Regno Unito e Stati Uniti che continueranno a tagliare, l’Australia che manterrà i tassi invariati, e Giappone e Svezia che potrebbero addirittura spingerli al rialzo.
Questa divergenza direzionale e la portata dei movimenti creerà volatilità e notevoli opportunità di valore relativo. Non sarà un mercato che premierà posizioni statiche o puramente direzionali sulla duration. Le valutazioni tenderanno piuttosto a muoversi con distorsioni e inversioni, offrendo così la possibilità agli investitori generare rendimento senza dover fare troppo caso alle previsioni sull’andamento dei tassi. Fa notare che i gestori attivi saranno in grado di sfruttare tale volatilità.
Per quanto riguarda il credito, pur non ritenendo che il mercato presenti valutazioni particolarmente attraenti nel suo complesso, esistono ancora sacche di valore. Nel segmento investment grade, privilegiamo società a forte vocazione domestica e con catene di approvvigionamento solide. Apprezziamo inoltre le obbligazioni senior, in particolare quelle più datate o grandfathered, ancora soggette a normative precedenti e oggi meno funzionali per gli emittenti.
Nel comparto high yield globale, le migliori opportunità si concentrano su esposizioni di breve termine verso emittenti di qualità medio-alta, con rating BB e B, dove le dinamiche di rifinanziamento possono offrire rendimenti aggiuntivi. La selezione dei titoli è sempre stata cruciale, ma in un contesto di divergenza lo diventa più che mai.
- Qual è il rischio per il capitale degli investitori se il consenso dovesse essere in errore?
A nostro avviso, la principale minaccia per i mercati è rappresentata da un netto peggioramento delle prospettive di crescita. I rendimenti reali dei titoli di Stato offrono un certo grado di protezione – come dimostrato dal tradizionale comportamento “risk off” delle obbligazioni durante le recenti turbolenze di mercato – e pertanto riteniamo giustificata una esposizione alla duration gestita attivamente, idealmente sulla parte centrale della curva (scadenze a medio termine).
Al contrario, un’esposizione tradizionale con duration lunga, in risposta ai timori di crescita, potrebbe non garantire la protezione auspicata. In tal caso, riteniamo che i mercati reagirebbero rapidamente alle attività di spesa pubblica richieste dagli elettori, con possibili gravi implicazioni per le obbligazioni a lunga scadenza.
Sul fronte del credito, la storia ci insegna che i timori di crescita colpiscono soprattutto le componenti più deboli del mercato, vale a dire le obbligazioni subordinate e quelle ad alto rendimento. Per questo stiamo evitando in larga parte questi segmenti, concentrandoci invece sulla resilienza aziendale e sul flusso di cassa, più che sul rendimento. Anche in questo caso, riteniamo che un approccio attivo e selettivo dei titoli, piuttosto che un acquisto generico di indici o mercati del credito, offrirà i migliori risultati possibili agli investitori.
