Geopolitica e AI: il nuovo mondo diviso in cui investire. La ricetta di Ubs WM

Un mondo economicamente più frammentato, dove le rotte commerciali si riscrivono sotto la spinta di sanzioni e dazi, e un futuro tecnologico che avanza a ritmi vertiginosi trainato dall’intelligenza artificiale. Sono questi i due assi portanti dello scenario globale delineato da Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer di UBS Wealth Management Italy, che di seguito dipinge un quadro complesso per i mercati, tra rischi geopolitici, opportunità innovative e il pesante fardello del debito pubblico. Fornendo però una linea guida su come muoversi in termini di investimenti in questa fase.

La nuova mappa del commercio globale e il riarmo

Le conseguenze economiche dei conflitti e delle tensioni commerciali sono ormai evidenti nei dati. “Le sanzioni contro la Russia e i dazi statunitensi stanno ridisegnando le rotte commerciali, creando blocchi alternativi”, afferma Ramenghi. “Le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti sono diminuite di oltre il 30% negli ultimi mesi, quelle di gas russo verso l’Europa sono crollate del 60%, mentre il volume degli scambi tra Russia e Cina è aumentato del 30%”.

Parallelamente, le tensioni stanno alimentando una corsa al riarmo senza precedenti. “Le tensioni geopolitiche muovono ingenti risorse: nel 2024 il budget militare globale è cresciuto del 7%, raggiungendo i 2200 miliardi di dollari”, sottolinea l’esperto, citando l’esempio della Russia, che “ha destinato oltre il 6% del PIL alla difesa, il valore più alto dal crollo dell’URSS”, e dell’acquisizione da parte della Polonia di “48 sistemi missilistici Patriot per 15 miliardi di dollari, la più grande commessa militare europea degli ultimi trent’anni”.

La Borsa guarda al futuro: il dominio dell’IA

Nonostante il panorama geopolitico incerto, i mercati finanziari sembrano volgere lo sguardo altrove. “Come spesso accade, però, le borse guardano avanti e danno maggior peso all’innovazione tecnologica che ai rischi geopolitici”, osserva Ramenghi. “Se il passato torna a farsi sentire sul fronte geopolitico, la tecnologia ci proietta rapidamente nel futuro”.

Il simbolo di questa rivoluzione è NVIDIA, che “ha raggiunto una capitalizzazione di oltre 4000 miliardi di dollari, più del doppio del valore cumulato di ExxonMobil, Johnson & Johnson, JP Morgan e Procter & Gamble“. Per il Chief Investment Officer, “tutto lascia pensare che l’intelligenza artificiale rappresenti una rivoluzione almeno pari a quella di Internet”, con il potenziale di generare significativi guadagni di produttività e utili per le società.

Tuttavia, Ramenghi invita alla cautela. “Le elevate valutazioni raggiunte dal settore e la concentrazione di tanti investitori su pochi titoli impongono di monitorare attentamente i rischi”. Gli investimenti in AI hanno superato i 250 miliardi di dollari dall’inizio dell’anno, ma “i benefici immediati sui ricavi sono ancora limitati”. Inoltre, emergono “dubbi sulla circolarità di alcuni investimenti”, come l’accordo tra OpenAI e NVIDIA.

Una cruciale differenza rispetto alla bolla delle dotcom, però, c’è: “La solidità finanziaria delle principali aziende coinvolte nell’intelligenza artificiale non è in discussione”. Oggi i giganti tech hanno bilanci più solidi e valutazioni (35x gli utili attesi) più contenute rispetto ai leader di Internet di fine anni ’90 (60x).

Il rompicapo del debito pubblico e la ricetta per investire

Sullo sfondo, persiste una minaccia macroeconomica: l’elevato livello del debito pubblico. “Negli Stati Uniti il debito è al 124% del PIL e il deficit atteso al 7%; in Giappone l’indebitamento ha superato il 230% del PIL”, ricorda Ramenghi, notando una “stessa tendenza in Europa”, come dimostra l’instabilità politica in Francia. Questo scenario potrebbe aprire la strada a un periodo di “repressione finanziaria”, con le banche centrali che tengono artificialmente bassi i rendimenti dei titoli di Stato per facilitare la gestione del debito.

In un contesto così articolato, come devono muoversi gli investitori? “A mio avviso, oggi occorre adottare un approccio ambivalente”, è la ricetta di Ramenghi. Da un lato, “mantenere liquidità per coprire le esigenze dei prossimi anni, sfruttando i rendimenti superiori all’inflazione attesa offerti dalle obbligazioni investment grade“. Dall’altro, “superando il senso di vertigine per le valutazioni, restare investiti sul mercato azionario“. Uscire troppo presto solo per i prezzi elevati, come dimostra l’esempio del Nasdaq che quintuplicò tra il 1995 e il 2000, “spesso si è rivelato penalizzante”.

A livello geografico, oltre agli Stati Uniti, Ramenghi segnala opportunità in Giappone, favorito da politiche fiscali e monetarie espansive, e una “maggiore ottimismo per quanto riguarda i mercati emergenti e, in particolare, la Cina, dove le azioni sono all’incirca del 30% inferiori ai massimi del 2021 e le valutazioni sono in linea con la media decennale”. In un mondo diviso, la diversificazione e uno sguardo lungo rimangono le armi migliori.