Mercati: timori di bolla, anche per l’oro

L’inarrestabile corsa dei titoli tecnologici riaccende lo spettro delle bolle speculative. Carlo Benetti, Market Specialist di GAM, osserva che “l’aumento vertiginoso dei prezzi del settore tecnologico fa temere l’affastellarsi delle condizioni tipiche delle bolle”. Un monito che arriva in un momento di euforia sui mercati, dove la fiducia cieca nella rivoluzione dell’intelligenza artificiale rischia di oscurare la prudenza.

Secondo Benetti, “negli ultimi dodici mesi sono state principalmente le società impegnate nella parte più avanzata della frontiera della conoscenza a beneficiare del favore degli investitori”. Il flusso di capitali verso le giovani aziende dell’AI ha infatti trainato l’intero listino americano, generando paragoni con l’euforia della fine degli anni Novanta, quando esplosero le bolle delle dot com e del sovrainvestimento.

Ma dietro la brillante performance dei mercati si nascondono concentrazioni pericolose. “Le performance sono dovute a poche aziende, in particolare le mega-cap tecnologiche e AI: quando quelle aziende deluderanno, ne soffrirà l’intero mercato”, avverte Benetti. Un’altra vulnerabilità, spiega, riguarda “l’esposizione record delle famiglie americane al mercato azionario”, un fenomeno alimentato dal cosiddetto effetto FOMO (fear of missing out), “la paura di restare fuori dalla festa”.

Anche i fondamentali sollevano interrogativi. L’indice S&P 500 presenta un rapporto CAPE prossimo a 40x, “storicamente alto”, sottolinea Benetti. “Se da una parte vale l’argomento delle potenzialità di margini e crescita delle società tecnologiche, dall’altro lato si prefigurano rendimenti azionari più bassi”.

Nemmeno l’oro sembra immune da tensioni speculative. “Si parla di bolla anche per il metallo giallo, benché l’oro sia ‘nel mezzo di una bolla che dura da 6.000 anni’”, ricorda Benetti citando un ex banchiere centrale. Il prezzo oltre i 4.000 dollari l’oncia appare “irragionevole se confrontato con il suo valore intrinseco insignificante”, ma trova spiegazione “nella domanda di sicurezza degli investitori, sia individuali che pubblici”. Le banche centrali dei Paesi BRICS ed emergenti, infatti, “dal 2022 hanno aumentato le proprie riserve auree di oltre mille tonnellate all’anno”.

Sul fronte dell’economia reale, i “venti contrari alla crescita” sono alimentati, secondo Benetti, “dalle tariffe, dalle limitazioni all’export delle terre rare da parte della Cina, dai livelli del debito, una sorta di faglia di Sant’Andrea che attraversa nascostamente le economie”.

A complicare lo scenario si aggiunge la dinamica valutaria: “L’euro si è apprezzato quest’anno di circa il 15% sul dollaro”, osserva Benetti, mentre “all’orizzonte si prefigura la possibilità di una Fed più sensibile all’amministrazione”. Una politica monetaria più accomodante potrebbe rendere “erratica” la configurazione della curva dei tassi.

Il risultato, scrive Benetti, è “una polifonia inquieta”. Wall Street “oscilla tra la fede cieca nella tecnologia e la consapevolezza che la melodia potrebbe interrompersi da un momento all’altro”. L’incertezza, ormai “cronicizzata”, permea l’intero ecosistema finanziario: “Ci troviamo tutti, gestori, consulenti, investitori, in uno stato di smarrimento”.

In questo contesto, l’esperto invita a non cedere all’impulso di reagire in modo emotivo. “È difficile resistere alla tentazione di ‘fare qualcosa’ o ‘fare qualcosa di diverso’, ma si tratta di desiderio di azione dettato più dall’emozione che dalla strategia”.

La chiave, secondo Benetti, resta “la fedeltà alla strategia di investimento di lungo termine” e la consapevolezza che “occorre allargare la finestra temporale e pensare in termini pluriennali”. Fondamentale anche “diversificare lo spazio e il tempo”, cioè sia le aree geografiche e le asset class, sia gli orizzonti temporali del risparmio.

“Restituire la primazia al metodo significa riconoscere, con umiltà, che non si decide tutto oggi, che non si capisce tutto subito”, conclude Benetti. “Va bene sentirsi smarriti, lo siamo un po’ tutti, ma lo smarrimento deve essere lo stimolo per ragionare sulla diversificazione del portafoglio con meno rumore, più lucidità e un orizzonte che si amplia”.

Solo così, con disciplina e visione di lungo periodo, sarà possibile “navigare queste acque complesse senza perdere di vista l’obiettivo: non solo rendimenti, ma protezione del futuro”.