Investimenti, Giappone: la view di JP Morgan in questa fase

L’inaspettata ascesa di Sanae Takaichi come primo ministro del Giappone, la prima donna a ricoprire questo ruolo nella storia del Paese, ha inevitabilmente spinto il mercato a fare parallelismi con l’era dell’Abenomics nel 2012, un periodo in cui il coordinamento tra politiche e le dinamiche valutarie rimodellarono i mercati obbligazionari globali. Tuttavia, sebbene i richiami al passato siano evidenti, il contesto odierno è radicalmente diverso. In questo approfondimento esaminiamo le ricadute di questa svolta politica sui mercati obbligazionari.

I fondamentali: un Paese diverso

Le priorità annunciate da Takaichi – sostegno alle finanze pubbliche, investimenti tecnologici e crescita dei salari – riecheggiano l’ottimismo pro-crescita del 2012, quando Shinzo Abe lanciò l’Abenomics per contrastare la deflazione, ripristinare la competitività e indebolire deliberatamente lo Yen.

“Tuttavia, il contesto di mercato è molto diverso da quello del 2012, dove il Giappone era in preda a una deflazione persistente, con una crescita lenta e un tasso di cambio USD/JPY attorno a 80”, sottolineano gli esperti del team Global Fixed Income, Currency and Commodities Group di JP Morgan AM. “Oggi, un altro ciclo di indebolimento programmato dello Yen sarebbe politicamente costoso, visto che l’inflazione è sostenuta, la valuta si è già deprezzata di circa il 50% dall’era dell’Abenomics e le famiglie vivono momenti difficili per l’aumento dei prezzi dei beni importati”.

Inoltre, Takaichi eredita una situazione finanziaria complessa: il debito pubblico supera il 230% del PIL e la frammentazione del parlamento rende indispensabile il sostegno di una coalizione. La Banca del Giappone (BoJ), dal canto suo, ha già abrogato il controllo della curva dei rendimenti e si è detta disposta a innalzare i tassi se l’inflazione persisterà.

“La nomina di Takaichi rende meno probabile un aumento dei tassi nel breve termine”, affermano gli analisti, “ma ci si aspetta che nel corso del 2026 il costo del denaro salirà. È importante ricordare che, inizialmente, Takaichi si era dichiarata estremamente favorevole a una politica monetaria accomodante. Tuttavia, quando è apparso chiaro che avrebbe potuto vincere le elezioni, ha ammorbidito la sua posizione, impegnandosi a rispettare l’indipendenza della BoJ”.

Valutazioni quantitative: Yen sottovalutato e tassi in movimento

Il tasso di cambio USD/JPY ha recentemente superato quota 150, riaccendendo il dibattito sul suo valore equo. “Finora, tuttavia, i prezzi non hanno subito contraccolpi e la volatilità implicita è rimasta sotto al 10%”, osservano gli esperti. La valuta ha avuto un andamento divergente rispetto al restringimento degli spread, forse penalizzata dal rischio politico, ma anche perché gli investitori giapponesi continuano ad acquistare attivi statunitensi senza copertura.

Dall’altro lato, le prospettive di un rallentamento della Federal Reserve e un graduale orientamento restrittivo della BoJ nel 2026 potrebbero favorire lo Yen nel medio periodo. “La possibilità che i tassi convergano potrebbe dare impulso allo Yen nel medio termine”, si legge nell’analisi.

Intanto, le valutazioni dei titoli di Stato giapponesi (JGB) sono profondamente cambiate: i rendimenti dei JGB a lungo termine sono ai massimi storici. “Sulla scia della recente nomina di Takaichi, la curva dei rendimenti si è leggermente irripidita sul segmento lungo, poiché il mercato sconta un aggravio delle passività di bilancio e un maggiore rischio inflattivo”.

Fattori tecnici: flussi e possibili interventi

I flussi di capitale continuano a rispecchiare l’evoluzione degli investitori in Giappone. Gli alti costi di copertura rendono le obbligazioni estere poco attraenti per le compagnie assicurative e i fondi pensione nazionali, mentre i maggiori rendimenti locali aumentano l’appeal degli JGB.

Sul fronte valutario, il team di JP Morgan AM ritiene che lo Yen sia sottovalutato. “Da qui in poi il governo vorrà fermare il deprezzamento ed è probabile che, superate le incertezze politiche, la BoJ ricominci ad aumentare i tassi”. Riguardo a possibili interventi diretti sul mercato, gli esperti sono scettici nel breve termine: “È molto improbabile che il Ministero delle Finanze giapponese intervenga prima che si insedi il nuovo governo. Tuttavia, se le fluttuazioni dei cambi dovessero accentuarsi o se l’USD/JPY raggiungesse quota 154, è possibile che alcuni interventi vengano attuati”.

Cosa significa per gli investitori obbligazionari

In conclusione, i parallelismi con l’Abenomics sono comprensibili, ma le differenze sono palesi. “Oggi, il Giappone vive una fase inflazionistica, la valutazione dello Yen è storicamente bassa e le autorità politiche scommettono sulla stabilità, non sul deprezzamento”, concludono gli esperti.

Il team mantiene quindi una visione chiara: “Siamo convinti che lo Yen continui a essere sottovalutato rispetto al Dollaro e manteniamo un posizionamento lungo sulla valuta giapponese. Con Takaichi al timone, l’espansione del bilancio pubblico potrebbe indebolire la valuta nel breve termine, tuttavia siamo del parere che il governo eviterà un ulteriore deprezzamento”.

Per quanto riguarda il Dollaro, “il rallentamento dei dati sull’occupazione e il declino dell’eccezionalismo statunitense depongono a favore di un biglietto verde meno forte”. Infine, sul mercato domestico, gli analisti “scorgono opportunità nel posizionamento corto sulla parte intermedia della curva dei JGB, dove i rendimenti potrebbero salire in misura modesta a fronte di una spesa pubblica progressivamente crescente e di conseguenti manovre di inasprimento della Banca del Giappone”.