In Argentina, la pesante sconfitta del partito del presidente Javier Milei nelle elezioni provinciali di Buenos Aires ha innescato un’ondata di vendite su azioni e bond del Paese sudamericano, alimentando nuove incertezze politiche ed economiche. Gli investitori hanno interpretato il risultato come un segnale della crescente difficoltà de La Libertad Avanza (LLA) in vista delle elezioni di medio termine del 26 ottobre.
«Il risultato suggerisce che Milei potrebbe non essere in grado di portare avanti le ulteriori riforme strutturali necessarie per rendere permanente il consolidamento fiscale», spiega Mali Chivakul, Emerging Markets Economist di J. Safra Sarasin.
Secondo Chivakul, i risultati della provincia di Buenos Aires «non dovrebbero essere estrapolati in modo lineare alle elezioni nazionali, poiché rappresentano una roccaforte del peronismo». Tuttavia, alcuni fattori che hanno pesato sul voto del 7 settembre restano significativi. In particolare, il tasso di approvazione di Milei «è sceso sotto il 40% dopo lo scandalo di corruzione scoppiato in estate».
Sul fronte macroeconomico, la rigidità delle politiche adottate dal Governo per contenere l’inflazione ha iniziato a frenare la ripresa. «Nonostante i progressi sul piano fiscale e della deregolamentazione, la fiducia dei consumatori ha risentito negativamente, soprattutto nell’area di Buenos Aires», osserva Chivakul.
La reazione dei mercati è stata immediata: gli spread sovrani sono saliti da 900 a 1100 punti base, l’indice di Borsa Merval ha perso il 13% e il peso argentino, la valuta locale, ha ceduto il 4%, avvicinandosi al limite massimo della fascia di oscillazione prevista per settembre. «Il mercato ha scontato un percorso di aggiustamento molto più debole e accidentato», sottolinea l’economista.
Nonostante ciò, Chivakul rimane moderatamente fiducioso: «Il forte sforzo di deregolamentazione dovrebbe presto portare a una crescita più sostenuta». Ma avverte che la politica monetaria restrittiva «ha reso più difficile la creazione di nuove imprese e la generazione di domanda interna». Una valuta più debole, aggiunge, potrebbe invece incentivare settori come il turismo e sostenere l’accumulo di riserve in valuta estera, punto ancora critico per l’accordo con il FMI.
Il futuro, però, dipenderà dalla prova politica di Milei alle elezioni di medio termine. «Il risultato sarà determinante per il mercato: una maggioranza parlamentare produrrebbe un rialzo, uno status quo sarebbe interpretato come negativo, mentre una performance insoddisfacente aumenterebbe i rischi politici ed economici», conclude Chivakul.