Mercati: il dilemma dell’intelligenza artificiale, tra cambio di paradigma o bolla speculativa

A cura di Guido Giammattei, EM Equity Portfolio Manager, RBC BlueBay

L’attuale impennata degli investimenti nell’intelligenza artificiale rispecchia l’esuberanza del boom delle dot-com della fine degli anni ’90. I capitali affluiscono in infrastrutture e hardware tecnologico su una scala senza precedenti. Misurati in percentuale del Pil statunitense, questi investimenti hanno già superato quelli dell’era delle dot-com. L’unico parallelo storico richiede di guardare indietro agli anni 1820-30, quando gli Stati Uniti e il Regno Unito investirono massicciamente nelle ferrovie. Sebbene l’intelligenza artificiale rappresenti un balzo in avanti rivoluzionario, proprio come internet 25-30 anni fa, i parallelismi con le bolle speculative del passato sono difficili da ignorare. La domanda è se siamo ancora nelle prime fasi di crescita o se ci stiamo avvicinando a livelli insostenibili.

A primo avviso, l’entusiasmo sembra giustificato. Non vi sono segni di rallentamento della spesa in conto capitale per le infrastrutture di IA. Le aziende leader che guidano questi investimenti mantengono bilanci solidi, che consentono loro di sostenere spese aggressive per data center, chip e formazione di modelli senza tensioni finanziarie. La domanda di servizi di intelligenza artificiale continua a crescere in modo esponenziale, come dimostra l’aumento dell’utilizzo dei token di IA, in linea con il paradosso di Jevons: il calo dei costi per token rende l’IA più economica da utilizzare, il che a sua volta stimola una domanda ancora maggiore. E la domanda da parte delle imprese di IA è appena agli inizi. Anche il progresso tecnologico sul fronte hardware e software continua a un ritmo notevole. I requisiti computazionali per i nuovi modelli di IA continuano ad aumentare a un ritmo più che doppio rispetto alla legge di Moore (il numero di transistor in un chip raddoppia ogni due anni), alimentando una domanda sostenuta di semiconduttori avanzati e memorie ad alte prestazioni.

Infine, sebbene le valutazioni dei titoli legati all’IA siano ai massimi storici o quasi, rimangono al di sotto dei livelli estremi raggiunti durante la bolla dot-com.

Tuttavia, ci sono alcuni buoni motivi per essere scettici: l’aumento della leva finanziaria, il rischio che la concorrenza comprometta la monetizzazione e i crescenti vincoli energetici e infrastrutturali.

Timori sulla dipendenza dalla finanza strutturata
Gli investimenti nell’intelligenza artificiale stanno assorbendo una quota crescente dei free cashflow (flussi di cassa liberi) dei fornitori di servizi cloud, mentre una marea di nuovi operatori entrati nel mercato negli ultimi 12-18 mesi fa affidamento esclusivamente sulla leva finanziaria. In questo contesto, alcune tendenze emergenti richiedono cautela, in particolare la rapida espansione dell’esposizione del private credit all’intelligenza artificiale e la crescente dipendenza dai finanziamenti strutturati e dal vendor financing per l’acquisto di GPU.

Molti nuovi operatori con bilanci più deboli si stanno rivolgendo al private market per finanziare GPU e data center, con due terzi del capitale di venture capital e un terzo del credito privato statunitense nel 2025 destinati alle infrastrutture di IA. Le GPU vengono sempre più utilizzate come garanzia per raccogliere capitale aggiuntivo o vengono riconsegnate in leasing dai fornitori. Operazioni fuori bilancio, crescita dell’esposizione del private credit all’IA, prestiti garantiti da GPU e, più recentemente, fusioni e acquisizioni tra fornitori e clienti (finanziamento circolare) sollevano segnali di allarme sulla sostenibilità dell’attuale tasso di crescita degli investimenti nell’IA.

Le sfide di monetizzazione
Gli investimenti in GPU e data center iniziano in genere 2-3 anni prima che i ricavi dell’IA si concretizzino e 5-6 anni prima che si realizzino i profitti. Di conseguenza, il percorso di monetizzazione delle spese in conto capitale per l’IA rimane incerto. A nostro avviso, tre rischi principali per la monetizzazione e i rendimenti stanno diventando più evidenti: l’aumento della concorrenza, il rallentamento dei progressi incrementali nei modelli di IA e gli errori di valutazione nelle stime di ammortamento. Il successo di una tecnologia non garantisce la redditività per tutti i partecipanti; come accennato, vi è un numero crescente di nuovi operatori finanziati a debito che entrano nel mercato, il che potrebbe compromettere i futuri rendimenti di capitale per il settore.

L’attuale monetizzazione rimane limitata, con Menlo Venture che stima un fatturato totale a livello di settore di circa 12 miliardi di dollari provenienti dai consumatori e circa 25 miliardi di dollari provenienti dagli abbonamenti aziendali. Ciò è da confrontare con una spesa in conto capitale totale per i data center di IA di circa 250 miliardi di dollari quest’anno.

Inoltre, le GPU, che rappresentano circa il 40% dei costi dei data center, potrebbero deprezzarsi più rapidamente del previsto, mettendo ulteriormente sotto pressione i rendimenti. Anche con gli attuali tassi di ammortamento, i lunghi tempi necessari per raggiungere la redditività esercitano una pressione crescente sui rendimenti.

Limiti infrastrutturali ed energetici
La rapida crescita nella costruzione di data center ha messo a dura prova la rete energetica degli Stati Uniti. La spesa privata per la costruzione di data center è quasi triplicata, passando da 14 miliardi di dollari all’anno nel dicembre 2022 a 40 miliardi di dollari entro giugno 2025, e la crescita del consumo energetico legato all’intelligenza artificiale è raddoppiata nel 2025 rispetto all’anno precedente. Ciò ha portato le aziende a cercare affannosamente di assicurarsi contratti energetici a lungo termine. Secondo un recente sondaggio condotto da Schneider Electric, l’accesso all’energia elettrica negli Stati Uniti è il principale rischio per la crescita. Il 92% degli intervistati considera i vincoli della rete elettrica come la sfida principale, con lunghi tempi di attesa per l’allacciamento che rallentano l’espansione. Altrettanto importanti sono l’accesso ai chip e le questioni relative alle autorizzazioni.

Se gli investimenti in conto capitale dei data center dovessero continuare a crescere a questo ritmo, si stima che tra oggi e il 2028 negli Stati Uniti si verificherà una potenziale carenza di energia pari a circa 45 GW. Per contestualizzare, 45 GW di elettricità sono una quantità immensa, pari al fabbisogno energetico di un intero Paese come l’Italia.